Se tutto andrà come di solito, il primo e più implacabile segnale lo fornirà un impiegato del tribunale, che questa mattina andrà all'ufficio di Ilda Boccassini e cambierà la targhetta sulla porta. Non più «procuratore aggiunto della Repubblica», ma semplice «sostituto». Due paroline che cambiano tutto. Il lungo, tempestoso cammino della Boccassini nella giustizia italiana si avvia alla conclusione. E la retrocessione sancita dal cambio di targhetta ne sintetizza il crepuscolo.
Tutta colpa, si potrebbe dire, di Matteo Renzi, che abbassando a settant'anni l'età della pensione dei magistrati ha tarpato molte aspirazioni di fine carriera. Comprese quelle della dottoressa, che il 7 dicembre 2019 festeggerà il fatidico compleanno, e che pertanto - essendo a ridosso della pensione - già ora non ha più il diritto di aspirare ad altre cariche. E oggi, in base alla legge, deve lasciare i ruoli che ha incarnato nell'ultima fase della carriera: non è più procuratore aggiunto, avendo trascorso gli otto anni previsti per la carica; e non potrà più stare nel pool antimafia, di cui si può fare parte per un massimo di dieci anni (lei, a dire il vero, c'è rimasta molto di più: ma ormai non è il caso di sottilizzare).
Burocratismi e simpatie personali a parte, l'addio di Ilda all'Antimafia chiude un'epoca. Per quasi trent'anni, questa donna coriacea e determinata ha incarnato le inchieste più delicate della magistratura italiana: al nord, ma anche al sud, in Sicilia, dove scese per dare la caccia agli assassini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Quando tornò a Milano, dopo avere litigato anche col procuratore di Palermo dell'epoca, era cambiata: era scomparsa una certa solarità di fondo, e gli spigoli del carattere si erano acuminati.
Il resto della categoria l'ha in parte usata, in parte sopportata, mai amata. L'ultimo schiaffo, dai correntoni della magistratura, lo ha ricevuto l'anno scorso, quando ha provato a candidarsi per il posto di procuratore della Repubblica di Milano, lasciato bruscamente libero da Edmondo Bruti Liberati: la commissione incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura la eliminò dalla rosa al primo colpo, unica tra gli aspiranti a non ricevere neanche un voto. Lei non si prese neanche la briga di indignarsi, tanto poco si fidava dei suoi colleghi.
Per il suo attuale capo, Francesco Greco, si aprono ora due problemi delicati: il primo è sostituirla, ma qui c'è già una candidata naturale, Alessandra Dolci, da anni al suo fianco nelle
inchieste antimafia. Più complicato sarà trovare qualcosa da fare a Ilda nei due anni che le mancano alla pensione, presenza ingombrante in una Procura dove, inevitabilmente, incarna una pagina che in tanti vorrebbero girare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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