La Boldrini vuole dare più soldi agli euroburocrati

Secondo la presidente della Camera l'Ue dovrebbe avocare a sé maggiori "competenze"

La Boldrini vuole dare più soldi agli euroburocrati

Roma - Un'Europa più forte, un'Europa più ricca. Insomma un'Europa all'americana. L'ha chiesta il presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini. Intervenendo, in qualità di padrona di casa al convegno «Da Roma a Lisbona e oltre: la costruzione di una nuova comunità politica», la Boldrini marca con decisione il suo andare contro-corrente. Intendendo per contro corrente un'idea oggi a dir poco impopolare: un Unione Europea più forte e più «costosa». E questo, val la pena sottolinearlo, mentre in Austria si vuole erigere un muro di sbarramento al Brennero, marcando con decisione quel confine che proprio la «costituzione Europa» e Schengen avevano reso impalpabile come l'aria.

In buona sostanza la Boldrini sostiene che l'Europa, vista la crisi internazionale che riguarda sia gli aspetti prettamente finanziari che quelli di sicurezza interna, dovrebbe avocare a sé maggiori «competenze». Dovrebbe insomma gestire direttamente alcuni settori finora appannaggio dei singoli Stati. E per farlo, ovviamente, non ha bisogno soltanto di un nuovo statuto e di nuove norme condivise, ma anche di vedersi assegnato un finanziamento ben più congruo del misero 1% del Pil nazionale che adesso, mediamente, gli Stati membri versano. «Il bilancio europeo è al di sotto dell'1% del Pil degli Stati membri, mentre quello federale Usa è intorno al 25%. Come può l'Europa essere altrettanto efficace?». Si chiede il presidente della Camera, dimenticando o forse, più semplicemente, snobbando il fatto che i due organismi (Ue e Stato federale americano) hanno non solo sistemi diversi ma anche competenze e responsabilità affatto differenti. E infatti la differenza (in termini di percentuale del pil) è macroscopica.

Mentre l'Austria erige muri davanti al confine italiano, mentre in Gran Bretagna si discute sulla possibilità di uscire definitivamente dall'Unione, da noi c'è chi ancora crede nell'Europa unita e soprattutto vorrebbe vederla più forte e più condizionante la vita interna dei singoli Stati membri.

«L'attuale assetto dell'Unione europea è inadeguato - spiega - Credo che non ci siano alternative ad una federazione europea dotata di ampie competenze esclusive, a partire da tutti i settori in cui l'azione dei singoli Stati risulta inadeguata giacché nessun Paese europeo, può affrontare da solo le grandi sfide globali che abbiamo di fronte». Insomma vorrebbe fare la felicità degli euroburocrati. Desiderio che condivide con un esponente del governo come Sandro Gozi, sottosegretario a Palazzo Chigi con delega agli Affari comunitari. Il quale, intervenendo al convegno dopo il presidente della Camera, ribadisce il concetto: «Se l'Europa rimane nello status quo sarà inizio della disintegrazione e fra 60 anni non avremo nulla da festeggiare».

«Durante la crisi, che è stata finanziaria e poi economia, sociale e politica, abbiamo perso fiducia reciproca fra i popoli e i governi europei: e riconquistarla - conclude Gozi - è la più grande sfida. Chi crede nella scelta europea deve passare con coraggio al contrattacco, e questo passa dalla riscoperta dei valori fondamentali».

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