Soltanto in due casi l'arte finisce in prima pagina: se dà scandalo o se costa un sacco di soldi. In entrambi i sensi, una provocazione. Di solito i record d'asta sono appannaggio del moderno o del contemporaneo. Questa volta è per un maestro antico, che per visione, mentalità, strategia, potrebbe tranquillamente vivere nel presente. Leonardo da Vinci. Dopo venti minuti di gioco al rialzo, qualcuno da Christie's New York ha pagato 450 milioni di dollari, diritti compresi, per il «Salvator Mundi», ultima opera di Leonardo rimasta in mani private, che ha più che triplicato il valore di 127,5 milioni spesi nel 2013 dal russo Dmitri Ryobovlev, patron della squadra di calcio del Monaco. Un capolavoro che divide gli esperti, poiché molti sono convinti non si tratti neppure di un'opera autografa ma di un rifacimento del discepolo Giovanni Boltraffio. Sia come sia, è il nuovo record assoluto. Il dipinto, peraltro, è stato scorporato dalla sessione degli Old Masters e presentato insieme ai contemporanei. L'effetto Da Vinci si è allungato fino alle 60 Last Suppers di Andy Warhol, battute a 56 milioni. Fin qui la cronaca. Meno agevole il commento su cosa significhi tale vendita, ma certo non è sufficiente utilizzare, come sempre, l'espressione bolla speculativa. Senza dubbio il mercato dell'arte sta vivendo un cambiamento epocale, ben più spettacolare di ciò che avvenne quando entrarono in gioco i capitali americani, con una certa similitudine. Nel 900 un Paese senza tradizione e storia, ma con ampia disponibilità finanziaria, veniva a fare shopping in Europa per portarsi a casa i capolavori, costruirci intorno i musei e farci su un'economia. Oggi neanche i magnati a stelle e strisce possono competere con i nuovi mercati, la Russia, la Cina, gli Emirati, dove non ci sono regole e dove le ricchezze in mano alle oligarchie risultano davvero incalcolabili. Il discorso, dunque, prende un'altra piega. L'arte diventa cioè lo specchio del potere in un mondo dove tutto è in vendita, aziende, hotel di lusso, compagnie aeree, squadre di calcio, isole e tra un po' intere nazioni.
Mi raccontava un'amica gallerista cinese, «da noi un'opera che costa poco non vale niente, dunque non ci interessa». Ciò che manca è la cultura, ma ogni cosa ha un prezzo. Se il Leonardo è autentico tanto meglio, ma non è poi così fondamentale. Parafrasando uno slogan bancario, «sogni che i soldi possono comprare».
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