Dissolto. Vaporizzato. Cancellato. Non c'è già più nessuna traccia del rimbalzo con cui, mercoledì scorso, i mercati avevano provato a rialzare la testa. Era un far finta di essere sani, per dirla con Gaber: 24 ore dopo, e le Borse sono ripiombate in sala di rianimazione. Con prognosi riservatissima. La caduta è stata collettiva e ha terrorizzato Oriente e Occidente, con una fiumana di vendite da panico che ha travolto azioni e petrolio, surriscaldato la temperatura degli spread e spalancato la trincea dell'oro, mai così luccicante da un anno a questa parte (vedi grafico). Un alert, a caratteri cubitali, che la fiducia è sotto le suole delle scarpe, soprattutto nei confronti delle banche. «Il sistema bancario è più solido, ora». Parole, quelle pronunciate dal premier Matteo Renzi subito dopo l'approvazione delle misure sul credito, che non hanno portato molta fortuna ai titoli dei nostri istituti, collassati ieri del 6,85% e tra i principali responsabili dell'ennesima discesa agli inferi di Piazza Affari, la peggiore sul globo terracqueo con un raggelante -5,63. Tradotta in soldoni (è il caso di dirlo), la maxi-perdita equivale a oltre 23,4 miliardi di euro di capitalizzazione andati in fumo. Non poteva essere altrimenti, considerando il peso delle banche sull'intero paniere di Borsa. Come acqua sul marmo, è dunque scivolato senza lasciar traccia il decreto con cui il governo è convinto di aver serrato i bulloni del sistema attraverso la creazione di una super-holding dove far confluire le banche cooperative e con la ratifica dell'intesa con Bruxelles sulla garanzia dello Stato sui crediti deteriorati, le cosiddette sofferenze. Si poteva fare di più, e più rapidamente? Probabilmente sì, visto che dal provvedimento sono stati per esempio esclusi i rimborsi ai risparmiatori incappati nel crac di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara.Forse, però, non sarebbe bastato a evitare il nuovo tracollo borsistico. Il tiro alle banche non è infatti mai apparso così intenso in un'Europa costretta a contabilizzare altri 242 miliardi di ricchezza borsistica in meno, nonostante le rassicurazioni arrivate anche dal numero uno dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, sulla solidità del settore. C'è una percezione di rischio talmente in aumento, che a Société Générale non è bastato ieri comunicare utili in crescita di quasi il 50% per evitare un tonfo del 13%. E i timori crescenti risultano ancora più evidenti da quel termometro del pericolo che sono i credit-default swap, lo strumento che assicura contro il rischio d'insolvenza: Deutsche Bank è diventata più rischiosa di Unicredit, visto che i cds sul colosso tedesco sono volati a 265 punti base contro i 245 della banca italiana. Il tutto mentre gli spread sono tornati a far paura, con il differenziale Btp-Bund a 153 punti e quello portoghese a 388.Ma anche a Wall Street non si dormono sonni tranquilli. Nella seconda giornata di audizioni davanti al Congresso Usa, la presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, ha imitato Renzi sostenendo che «il sistema bancario è più forte, e si vedono ora miglioramenti», ma a un'ora dalla chiusura la Borsa di New York cedeva il 2,20%. La Fed sembra intenzionata a stringere ulteriormente le maglie degli stress test, per evitare di scoprire tardivamente che qualche mela marcia è rimasta nel cesto. Segno di una situazione non stabilizzata. Inoltre, la numero uno della banca centrale Usa è tornata a non escludere la possibilità di tassi negativi.
Una mossa, già decisa dalla Bce, dalla Bank of Japan e da altri istituti di emissione, che finisce per ridurre i margini di redditività - già compressi - delle banche. Senza, peraltro, vistosi effetti di trasmissione sull'economia reale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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