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La Brexit come in guerra se si arriva al "no deal". Lo Speaker decisivo

I funzionari governativi: si valuta anche la legge marziale. Westminster dà la direzione

La Brexit come in guerra se si arriva al "no deal". Lo Speaker decisivo

Imporre il coprifuoco, vietare i viaggi, confiscare beni immobiliari, dispiegare l'esercito per le strade ed emendare pure alcuni atti del Parlamento. La Brexit come in guerra. Tanto che il governo, che sta esaminando i poteri a sua disposizione nel caso in cui il Regno Unito dovesse lasciare l'Unione europea senza accordo il 29 marzo 2019, sta anche valutando una delle opzioni più estreme a sua disposizione: l'imposizione della legge marziale. Il no deal rischia di sfociare in disordini civili, è una delle previsioni al vaglio dei vertici di Whitehall, l'amministrazione governativa di sostegno a Downing Street. E di fronte a un Paese sempre più dilaniato tra contrari e favorevoli all'addio, ecco dunque i funzionari dell'esecutivo esaminare anche questa prospettiva. «Non ci stiamo lavorando nello specifico», frena il ministro della Salute Matt Hancock, chiamato in causa dall'indiscrezione sfuggita dalle gole profonde di palazzo e rilanciata dal Sunday Times. Poi conferma: «Ma rimane una delle opzioni sul tavolo».

Mancano 60 giorni esatti alla data fissata per il divorzio tra Londra e Bruxelles e gli scenari restano ancora tutti aperti alla vigilia di un'altra giornata tribolata domani, quando il Parlamento cercherà di dare una direzione ai destini del Paese tramite una serie di emendamenti al «piano B» proposto da Theresa May. Sarà Brexit, forse anche dura? Oppure sarà Brino (Brexit in name only) cioè un'uscita solo di nome? Molto dipenderà anche da John Bercow, 56 anni, da dieci Speaker della Camera dei Comuni, l'uomo dell'implacabile richiamo in Aula «Order, order», con cui chiede ai deputati inglesi - parecchio meno compassati del solito di questi tempi - di non esagerare con le reazioni scomposte. Il suo ruolo gli consente una selezione degli emendamenti che saranno oggetto di dibattito in Aula, in questo caso almeno 19. Alcuni dei quali cruciali. Un paio per scongiurare lo spettro del no deal forzando il governo a estendere l'articolo 50 se anche il piano B della May venisse rigettato (Cooper) oppure rigettando del tutto il no deal (Spelman e Dromey). Altri che remano contro il backstop, la clausola di salvaguardia per l'Irlanda del Nord, per evitare che sia a tempo illimitato (Andrew Murrison, deputato Tory, propone di fissare una data limite al 31 dicembre 2021). L'Irlanda rimane una questione esplosiva e le speranze della May di trattare con la Ue per modificare gli estremi del backstop si scontrano con il secco no di Dublino, che ribadisce: l'accordo non si tocca. C'è infine un'altra serie di emendamenti che punta a riaprire il dibattito parlamentare. Tra questi quello di Dominic Grieve, dissidente Tory filo-Ue, che lascerebbe all'Aula sei giorni a febbraio e sei a marzo per dibattere su mozioni non decise dal governo. Ognuna di queste opzioni potrebbe cambiare il corso della Brexit. Ecco perché Bercow sarà cruciale.

Ex Tory, autosospeso dal partito dopo l'elezione alla presidenza della Camera, lo Speaker che ha ammesso di aver votato per restare nella Ue nel 2016, è accusato dai Conservatori di partigianeria anti-Brexit. A Theresa May ha già fatto uno sgambetto, dopo aver dato il via libera all'emendamento che ha consentito a Westminster di imporre alla premier la presentazione di un piano B entro 3 giorni invece che 21, riducendo di parecchio il tempo a sua disposizione per trovare una strada alternativa. Ma Bercow non arretra: «Servo la Camera e non mi lascio intimidire da agenti dell'esecutivo». Eppure rischia la nomina a membro della Camera dei Lord, che arriva per consuetudine agli ex Speaker. Domani, anche per lui, oltre che per Theresa May, sarà un'altra giornata difficile. Si inizia alle 8 (italiane), si finisce intorno alle 21.30.

Theresa May ha dalla sua il marito, la sua «roccia» Philip, che l'ha esortata a cercare una soluzione all'interno della sua maggioranza, facendo imbufalire il capo dello staff di Downing Street che voleva cercare un consenso trasversale con i Laburisti.

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