Brexit, l'accordo è vicinissimo: "Si resta nell'unione doganale"

La clausola sul mercato unico delle merci con Bruxelles riguarderà non solo il Nord Irlanda ma tutto il Regno

Brexit, l'accordo è vicinissimo: "Si resta nell'unione doganale"

Londra - Lo disse due settimane fa Theresa May: l'accordo con l'Europa per l'uscita di Londra dall'Unione è ormai finalizzato al 95 per cento, ci sono alcune questioni da limare ma il più è fatto. Quella finestra di incertezza riguardava la clausola di backstop, cioè lo status dell'Irlanda del Nord nel caso Londra e Bruxelles non trovino un accordo sulla futura relazione commerciale. E secondo il Times di ieri anche su questo aspetto si è ormai raggiunta un'intesa tra i negoziatori inglesi e quelli europei: la clausola di backstop sarà un'unione doganale tra Bruxelles e tutto il Regno Unito, e non riguarderà solamente l'Irlanda del Nord come invece è sempre stata finora la posizione ufficiale dell'Europa. In tal modo sarà garantita l'uniformità di trattamento delle diverse nazioni del Regno e non ne verrà messa in discussione l'integrità nazionale. La linea rossa fra le linee rosse di Theresa May rimarrebbe quindi invalicata. La proposta di una backstop allargata era stata avanzata a giugno da May e accolta con molta freddezza da Michel Barnier. Cosa è cambiato in questi mesi? L'umiliazione di Salisburgo di fine settembre, quando Theresa May ricevette un no tanto duro quanto inaspettato al suo piano per una Brexit ordinata, ha avuto più effetti nelle capitali europee che non a Londra. Un'uscita senza accordo è certamente una prospettiva catastrofica per il Regno Unito. Ma lo sarebbe anche per Berlino, Amsterdam e tutti gli stati europei con una fitta rete di scambi commerciali oltre Manica.

La bozza di accordo non contiene solo una di backstop estesa a tutto il Regno. Nel testo sarebbe inserita anche la possibilità che Londra si sganci in futuro dall'unione doganale con Bruxelles. I dettagli non sono noti ma la proposta strizzerebbe l'occhio all'ala dura dei brexiters che non vogliono che il Regno Unito rimanga agganciato indefinitamente all'Ue senza poterne influenzare le politiche: un limbo dantesco cui sono contrari anche molti esponenti del gabinetto inglese. Vi sarebbe poi un terzo asso che la premier inglese si prepara a calare: un accordo politico in via di perfezionamento per un'area di libero scambio con l'Europa, simile a quello sottoscritto dall'Ue con il Canada.

La notizia del Times è stata ripresa da molte testate e prontamente smentita da Downing Street, segno che forse oramai ci siamo. L'inusuale silenzio radio sulle trattative che ha contraddistinto le ultime settimane è servito a coprire gli sforzi più acuti dei negoziatori. Il segretario alla Brexit, Dominique Raab, è stato costretto da Downing Street a fare retromarcia dopo aver dichiarato di attendersi un accordo entro il 21 novembre. Il gabinetto inglese dovrebbe discutere la proposta e i dettagli domani, l'obiettivo è quello di arrivare a un accordo di massima con Bruxelles da comunicare in un Consiglio Europeo straordinario a novembre. May punta ad arruolare una maggioranza parlamentare trasversale che si appoggi anche sui voti dei laburisti per poter far passare il proprio piano in parlamento. Ma non tutti, in questa infinita tela di Penolope, pensano possa avere la proposta giusta o i numeri per farla passare. Su tutti, i comitati per un secondo referendum continuano la loro battaglia per ritornare alle urne.

Dopo la marcia dei 700mila, anche Tony Blair è tornato a chiedere un secondo referendum: dalle pagine dell'Observer l'ex primo ministro ha detto che non ci potrà essere nessun accordo ragionevole, invitando i parlamentari laburisti a non votare con il governo. E chiedendo di dare alla gente la possibilità di votare una seconda volta.

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