Bruciata viva per la strada L'ex confessa: «Ero geloso»

Diversi automobilisti hanno assistito alla tragedia ma nessuno si è fermato. Il pm: «Potevano salvarla»

Massimiliano Scafi

Roma Un fuoco nella notte, una torcia umana, un fumo grigio che a larghe spire si diffonde nell'aria umida delle cinque. Però qui non siamo a Benares, questo non è un rito funebre e il fiume vicino non è il sacro Gange. Siamo a Roma, il Tevere è lontano e la ragazza è ancora viva. E chiede aiuto, grida, si dispera, ma due auto che passano sulla Magliana tirano dritto. «Non abbiamo visto, non abbiamo capito, non ci sembrava», balbetteranno più tardi i conducenti. Sara Di Piertrantonio, studentessa di Economia a Roma Tre, muore così, come un bonzo, una domenica prima dell'alba, a 22 anni.

Ora Vincenzo piange. «Mi aveva lasciato, si era messa con un altro ragazzo e io non sopportavo che fosse finita». Ora piange, ma l'ha pedinata, l'ha inseguita, l'ha speronata, si è infilato nella sua macchina, ha cercato di convincerla a tornare con lui, le ha versato una bottiglia di alcol addosso, le è corso appresso quando lei è scappata per cercare rifugio in quel ristorante deserto, l'ha presa per il collo e le ha dato fuoco con un accendino. Poi è scappato. Quando sono arrivati i pompieri, che pensavano a un banale incendio, hanno trovato un corpo carbonizzato.

La storia di un amore malato. Un delirio. «Un'ossessione», dicono gli inquirenti. Qualcuno chiama in causa Stephen King, anche se questo è uno dei casi in cui la realtà è più dura e forte di qualunque horror. «In venticinque anni di questo lavoro non ho mai visto un delitto così atroce», racconta il capo della Squadra mobile di Roma, Luigi Silipo.

Vincenzo Paduano, 27 anni, guardia giurata, è crollato dopo otto ore di interrogatorio. Geloso, «ossessionato» appunto da Sara, non accettava l'idea di averla persa per sempre. La considerava una cosa sua. Erano stati insieme per due anni tra alti e bassi, più bassi che alti, si erano lasciati e ripresi tre volte. Lui era troppo invadente, le stava sempre addosso, un giorno ha pure alzato le mani. Sara però non aveva voluto denunciarlo, raccontano le amiche, «non voleva provocargli problemi sul lavoro». Sperava solo che la lasciasse in pace.

Ma lui non ha mollato. «Abbiamo sentito tutti gli amici e i familiari - dice Maria Monteleone, il sostituto procuratore -, abbiamo ricostruito la vita di Sara degli ultimi anni. Abbiamo subito capito che usciva da una storia malata e che nell'ultimo periodo ha subito una violenza psicologica enorme. La relazione si è trasformata in un rapporto morboso. Paduano la seguiva, sicuramente in due occasioni». L'ultima domenica. Sara è uscita con il nuovo ragazzo, ha passato la serata in un pub, poi è andata via con un'amica e l'ha accompagnata a casa. E alle tre e mezzo ha spedito il solito sms alla mamma in ansia. «Sto per tornare».

Dietro però c'era Vincenzo con la sua macchina. Una breve corsa, lo speronamento, lui che entrava dentro e la maltrattava prima di rovesciarle addosso l'alcol. Lei che riusciva a scappare e lui che le ripiombava sopra e le dava fuoco. Era tutto organizzato, altro che raptus, semmai una rabbia fredda, fatta di gesti crudeli e precisi, documentati dalla telecamere di sorveglianza.

Per Sara non c'era scampo.

«Se qualcuno si fosse fermato, sarebbe ancora viva», dice il magistrato. E Silipo invita ad avere più coraggio. «Quando si vede qualcuno in difficoltà, se si notano cose strane, chiamare le forze dell'ordine è un dovere. La telefonata al 113 è gratis».

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