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Caccia agli infermieri killer "300 euro per ogni malato"

Un pentito a Le Iene: "Uccidono i terminali con un'iniezione d'aria d'accordo con le pompe funebri"

Caccia agli infermieri killer "300 euro per ogni malato"

Abbiamo una data di scadenza. Si chiama morte, la conosce il destino, per i credenti Dio, per altri Allah o lo si chiami col nome che più aggrada. Esiste invece una mafia, vecchia probabilmente quanto l'uomo ma che l'«etichetta», la fine della nostra vita, la decide e la cambia solo per far soldi. Che ci fosse, ci sia sempre stata una «tangentopoli» delle pompe funebri lo si sapeva. Un po' meno, invece, che ci fosse qualcuno pronto a trasformarsi in «dottor morte», per far soldi. C'è eutanasia ed eutanasia, la fine è uguale, il percorso dell'animo, il rispetto, la responsabilità e il dolore cambiano.

È stato un collaboratore di giustizia, uno di quelli che definiamo «pentiti» a cui non si sa mai bene se credere o no, ad accusare un barelliere di un'ambulanza di avere iniettato dell'aria nelle vene di malati terminali per accelerarne il decesso. Non per pietà, nemmeno per lucida follia o manie di onnipotenza. No, solo e semplicemente per quattrini. Avrebbe guadagnato sull'intervento di agenzie di onoranza funebri «amiche».

L'inchiesta nasce dopo due servizi della trasmissione Le Iene di Italia 1. Secondo quanto poi scoperto dagli investigatori di Catania, è un «sistema» che sarebbe cominciato nel 2012. Il decesso avveniva durante il trasporto dall'ospedale di Biancavilla a casa dei pazienti, dimessi perché ormai in fin di vita. Il trapasso lo avrebbe accelerato lui: una punturina piena d'aria in vena. Ed ecco la fine, rapida, indolore. In contemporanea una telefonata ai «beccamorti», per loro un servizio, per il barelliere un «extra». Le prime rivelazioni il pentito le aveva fatte in un'intervista a Le Iene e poi si era recato in Procura per riferire i fatti di cui era venuto a conoscenza.

«La gente non moriva per mano di Dio», aveva detto il collaboratore ai giornalisti prima e ai magistrati qualche giorno dopo ma per «guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50».

Secondo la ricostruzione del pentito, mentre il malato terminale tornava a casa «siccome era in agonia e sarebbe deceduto lo stesso, gli iniettavano dell'aria con l'agocannula nel sangue, e il malato moriva per embolia», così i familiari non se ne accorgevano. A organizzare l'affaire della dolce morte sarebbe stato qualche boss, gente che metteva i propri «sicari» travestiti in camice bianco sulle ambulanze.

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