Se chiedete a un uomo, rovinato da un chirurgo negligente, un giudizio sulla sanità italiana, è probabile che risponda: «roba da cani». Se ponete la stessa domanda a un cane, rimasto storpio sotto i ferri di un veterinario distratto, vi dirà (immaginando che i cani possano parlare): «roba da uomini». Perché la malasanità «azzoppa», senza andare troppo per il sottile, tanto le gambe quanto le zampe. Come sa bene la bastardina Yuma, prima cagnetta italiana capace di far risarcire la sua padrona Paola per il danno morale (subìto dall'inconsolabile Paola) in conseguenza delle cure sbagliate (patite dalla sfortunata Yuma). La sentenza bestiale (nel senso migliore del termine) è stata emanata il mese scorso dal Tribunale civile di Genova ed oggi torna di attualità sull'onda del boom di cause che hanno ad oggetto «animali vittime di interventi o terapie con effetti invalidanti». Un'«emergenza» (ma sì, un'emergenza non si nega a nessuno) all'origine anche della proliferazione di vari pseudo «Tribunali dei diritti degli malati» (a pelo più o meno lungo) che si prefiggono di vendicare in sede giudiziaria i torti sofferti in clinica da tutti i potenziali ospiti dell'arca di Noè. E, a proposito di «arca», l'associazione animalista che ha diffuso la notizia dello «storico verdetto», si chiama proprio Arca 2000. Secondo questi volontari «il fenomeno della malasanità animale è crescente e prospera in un vuoto legislativo vergognoso»; tanto che oltre 15.000 cittadini - pare - abbiano già firmato una petizione per cambiare la legge vigente. Ma cosa prevede quest'ultima? «Se il proprio animale ha subito dei danni irreversibili a causa di cure sbagliate, spetta al danneggiato ossia al proprietario del cane o gatto l'onere della prova, per dimostrare il nesso tra il danno e la condotta errata del medico veterinario». La sentenza (n.1004/2016) che arriva dal Tribunale civile di Genova apre invece «nuovi e interessanti scenari». Il giudice ha infatti riconosciuto il «danno morale (quantificato in 4.500 euro) subito dalla proprietaria di una cagnolina meticcia di nome Yuma, sottoposta a operazione chirurgica a seguito di una diagnosi di displasia, dopo esami clinici molto sommari eseguiti da due veterinari. L'operazione aveva causato la lesione del nervo sciatico, per cui la cagnolina non solo non appoggiava più la zampa posteriore, ma la girava completamente indietro».
La proprietaria, ipotizzando le responsabilità dei veterinari ha fatto causa. E ha avuto ragione.
Sconfitto su tutta la linea, al contrario, l'avvocato dei due veterinari che aveva impostato la difesa dei suoi assistiti puntando «sull'equiparazione della cagnetta a un oggetto di nessun valore, non essendo Yuma neppure un animale di razza, ma semplicemente un bastardino».Un'arringa decisamente bestiale (nel senso peggiore del termine).
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