Roma - Una partita che potrebbe valere come minimo 20 milardi di euro. Con il ddl sulle Autonomie proposto ieri in Consiglio dei ministri Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna si riprenderanno parzialmente l'enorme residuo fiscale che devolvono al resto del Paese mantenendo per sé una parte del gettito Irpef ed eventualmente dell'Iva se le entrate non fossero sufficienti a finanziare tutte le competenze aggiuntive che saranno assegnate con l' autonomia differenziata e che le Regioni avocheranno a sé.
Occorre, perciò, partire dal gettito Irpef. I contribuenti veneti, lombardi ed emiliani pagano ogni anno oltre 67 miliardi di Irpef addizionali comprese, poco meno di un terzo dei 215 miliardi che complessivamente il Fisco nelle sue varie articolazioni incamera in queste Regioni. Il residuo fiscale, cioè la parte che on viene spesa sul territorio ammonta complessivamente a 88 miliardi di euro. Dipenderà da come verrà risolto il nodo sulle competenze. Fontana, Zaia e Bonaccini vorrebbero il controllo totale sulla sanità, sulle concessioni delle infrastrutture (autostrade, ferrovie, porti e aeroporti) e delle sovrintendenze ai Beni culturali. Difficile che lo Stato rinunci a tutto quanto. Nelle bozze di accordo tra il governo e la Regione Veneto è previsto che il finanziamento iniziale delle competenze devolute sia parametrato al «costo storico», cioè a quello che lo Stato oggi spende sul territorio. Se nell'arco di tre anni non saranno fissati i costi standard, occorrerà garantire che le risorse assegnate non siano meno della media pro-capite nazionale. Considerato che la popolazione delle tre Regioni si avvicina ai 20 milioni di abitanti, se anche Roma concedesse ai tre governatori di spendere mille euro in più per abitante, i governatori potrebbero trattenere 20 miliardi e recuperare parzialmente il residuo fiscale. Ma è chiaro che Lombardia, Veneto ed Emilia puntino ad avvicinarsi quanto più possibile all'en plein, cioè agli 88 miliardi che finora sono destinati al resto del Paese. Non è un caso che nella definizione dei testi dovrebbe saltare la norma che fissava i costi standard alla «capacità fiscale» di ogni ente territoriale, che avrebbe garantito automaticamente il surplus di risorse alle tre Regioni.
«Siamo consapevoli che il percorso non è concluso ma siamo ottimisti sul risultato perché stiamo compiendo un passo importantissimo nell'ottica della razionalizzazione e del risparmio della spesa regionale», ha commentato il ministro degli Affari regionali, Erika Stefani, a poche ore dal via del fatidico Consiglio dei ministri. I nodi politici da sciogliere, però, non sono pochi. C'è grandissima incertezza sulla possibilità che si accetti tout court di lasciare a enti territoriali comunque virtuosi tutto il potere di gestione del personale sanitario inclusa la regolamentazione dell'attività libero professionale. Identico il capitolo della gestione delle infrastrutture. Se la Lombardia diventasse il concedente delle proprie tratte autostradali e dei propri aeroporti nonché disponesse della facoltà di approvare autonomamente le procedure di valutazione di impatto ambientale, sicuramente ci sarebbe una riduzione dei tempi e dei costi, ma è chiaro che gli introiti garantiti dai concessionari sparirebbero praticamente dal bilancio del ministero delle Infrastrutture.
Certo, ci sarebbero meno occasioni di spreco e di sperpero di risorse ma è palese che si potrebbero aprire numerosi conflitti di attribuzione se il percorso non fosse regolato nei minimi dettagli come dimostra l'alta «litigiosità» tra livelli di governo centrale e locale in Trentino e in Alto Adige. Si tratta, comunque, di un evento epocale che restituisce al motore economico del Paese quello che ha già guadagnato sul campo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.