Campi rom, la cura Raggi: "Case gratis ai clandestini"

Il Comune di Roma ha finanziato il "trasloco" degli irregolari. Ma in pochi accettano di lasciare gli insediamenti

Campi rom, la cura Raggi: "Case gratis ai clandestini"

Un fuoco incrociato ha investito in questi giorni il Campidoglio. Non piace il modo in cui viene gestito il «problema» dei campi rom. Sono tanti, sono troppi, e sono mal gestiti. Ieri il Messaggero ha ritirato fuori la questione dei bonus per gli alloggi da concedere anche agli irregolari che vivono negli insediamenti. E sempre ieri l'Osservatorio 21 luglio ha pubblicato il suo rapporto annuale sull'emergenza abitativa in Italia per i rom. Un rapporto che dedica alla Capitale un capitolo impietoso. Ecco qualche cifra: «Nella seconda metà del 2017 a Roma risultano esserci 6.900 rom e sinti in emergenza abitativa secondo la seguente suddivisione: 4.419 sono i rom e i sinti presenti nei 17 insediamenti formali (comprensivi dei campi tollerati), circa 1.620 quelli presenti nei circa 300 insediamenti informali, 750 sistemati in immobili occupati».

Ma andiamo con ordine. Nella capitale ci sono diciassette campi rom. Meno della metà sono «ufficiali». E ci abitano più di 4mila persone, in difficili condizioni igienico-sanitarie. L'intenzione della giunta Raggi è stata fin dall'inizio quella di chiudere i campi e di trasferire progressivamente i suoi abitanti altrove (magari rispedendo gli irregolari nei Paesi d'origine). Per far questo serviva ovviamente un progetto pilota e questo è stato varato nel maggio scorso con una delibera di giunta che sfruttava anche un finanziamento europeo di 3,8 milioni di euro. Per il progetto erano stati scelti tre campi. Il più popoloso dei tre si chiama La Barbuta e si trova nella periferia meridionale della capitale (verso Ciampino). Ci abitano attualmente più di seicento persone. Gli altri due si trovano uno sull'Aurelia (La Monachina) e l'altro sulla Salaria vicino al Tevere (River). In questi due insediamenti ci abitano al momento più di cinquecento persone. Nei bandi per lo smantellamento di questi campi sono presenti però condizioni che hanno fatto infuriare le opposizioni in Campidoglio.

Allora come oggi, che solo due dei tre bandi sono stati assegnati e che il terzo rischia di vedere deserto anche l'ultimo tentativo di assegnazione. Ecco, infatti, a chi può andare il bonus alloggio, cioè l'aiuto finanziario (800 euro a famiglia per massimo due anni) allo scopo di lasciare il campo e permettersi l'affitto di una casa in muratura: a tutti. Basta essere residenti nel campo stesso. «Il possesso della cittadinanza italiana o del permesso di soggiorno - si legge ad esempio nel bando per La Monachina, poi andato deserto - non costituiranno invece criteri selettivi, volendo considerare in maniera inclusiva anche quei residenti nell'insediamento per i quali la mancanza di un documento può aver costituito causa di impedimento nell'accesso al sistema dei servizi». Anche nei due insediamenti dove il bando è stato effettivamente assegnato, sottolinea Fabrizio Ghera, capogruppo in Campidoglio di Fratelli d'Italia, i lavori di smantellamento vanno molto a rilento. «Roba da matti - sbotta poi lo stesso Ghera -. Mentre centinaia di famiglie romane sono senza un tetto il Comune si preoccupa di dare una casa ai nomadi e i campi sono ancora in piedi nonostante le promesse dei 5 Stelle».

Non solo finora non sono stati registrati risultati confortanti ma il rischio, come rileva il deputato della Lega Barbara Saltamartini, è la «regolarizzazione dei clandestini», tramite lo stesso bonus. I beneficiari, cioè, una volta ottenuto il bonus per lasciare il campo, potrebbero ottenere anche un nuovo status.

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