Ma cosa succede ai liberali canadesi? Non contenti di star facendo, sotto la guida del «piacione» politicamente correttissimo Justin Trudeau, tutto il possibile per trasformare velocemente il loro Paese di cultura anglo-francese in un melting pot multiculturale, stanno anche considerando di buttare a mare uno dei pilastri delle società occidentali (e liberali): la libertà di opinione e di parola.
I fatti. Tre settimane fa un giovane esaltato nazionalista di destra compie un attentato in una moschea nella città di Québec e uccide diversi fedeli musulmani in preghiera. Da allora si sono susseguite in Canada manifestazioni di opposto sentire sul tema dell'islam: di sostegno alla comunità religiosa colpita a tradimento, ma anche contro la dottrina islamica indicata come responsabile di intolleranza e terrorismo.
L'ultima sfilata anti-islamica si è svolta venerdì scorso nel centro di Toronto e ha spinto una deputata liberale di religione musulmana e origini pakistane a depositare una proposta di legge destinata a far molto discutere. Obiettivo dell'iniziativa di Iqra Khalid è combattere «il razzismo e la discriminazione religiosa sistematica», «l'istigazione all'odio» e in particolare «condannare l'islamofobia». In pratica, mettere un bel bavaglio a chiunque intenda esprimere opinioni critiche rispetto alla religione musulmana complessivamente intesa, incluse quindi certe sue deviazioni estremistiche come quella salafita o certi suoi usi - illiberali per definizione - come quello di imporre il velo alle donne.
Già adesso, del resto, manifestare contro l'avanzata dell'islam in Canada non è esente da rischi: la polizia sta indagando per determinare se i manifestanti di Toronto abbiano commesso un atto di odio razziale, per il quale potrebbero essere penalmente perseguibili.
Nel corso della discussione al Parlamento di Ottawa - il voto non arriverà prima di aprile - l'opposizione conservatrice ha chiesto che la lotta alla discriminazione religiosa sia estesa anche ad altre fedi. Ma i «liberali» (a questo punto le virgolette sono più che doverose) si sono opposti, ottenendo il paradossale risultato di proporre una legge discriminatoria contro la discriminazione. Un altro deputato del partito di Trudeau, Omar Alghabra, è arrivato a far presente ai conservatori che se voteranno contro la mozione daranno «l'impressione di votare per l'islamofobia».
La ministra «liberale» della Cultura Mélanie Joly ha subito aderito all'idea di Iqra Khalid, prendendo le difese di «una comunità che è finita nel mirino», ma anche esponendosi alle critiche velenose di chi ricorda che proprio nella sua circoscrizione elettorale di Montréal risiede una delle più numerose comunità musulmane del Canada. Il deputato conservatore Garnett Genuis, invece, ha difeso il diritto di «odiare una dottrina o un'idea», in contrapposizione all'«illegalità della discriminazione verso una persona che la segue».
La politica canadese è dunque spaccata, proprio come la società che rappresenta.
Non tutti apprezzano il multiculturalismo portato avanti da Trudeau, in particolare nel francofono Québec che si sente più legato a una concezione della laicità di ispirazione francese: c'è chi prevede per reazione un ritorno di fiamma dei separatisti nella «Belle Province». Ma anche nel resto del Canada c'è chi non apprezza le mosse dei «liberali»: Iqra Khalid avrebbe ricevuto 50mila «messaggi di odio» e la sua scorta è stata rinforzata.
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