Politica

È caos a Beirut: 400 feriti negli scontri

Proteste sempre più violente. Economia in crisi, stop ai prelievi in dollari

Chiara Clausi

Beirut Vetrine fatte a pezzi, bancomat distrutti, segnali stradali divelti, scritte anarchiche sui muri, uomini mascherati avvolti in sciarpe a scacchi bianchi e neri, e ancora filo spinato attorno alle istituzioni nel cuore di Beirut. Ieri nonostante la pioggia fitta sulla città i manifestanti si sono radunati vicino a Piazza Nijmeh, fuori dal Parlamento, cantando slogan come «Non si può tornare indietro». La notte precedente era stata la più violenta del Paese dall'inizio delle proteste, 400 feriti. E anche ieri i manifestanti hanno cercato di arrivare fin sotto il parlamento usando pietre, bastoni, pali, vasi di fiori. Molti lanciavano pietre contro le forze di sicurezza, mentre altri tentavano di scalare le barricate di metallo che impedivano l'accesso al parlamento. Dall'altra parte le forze di sicurezza hanno usato gas lacrimogeni, proiettili di gomma e cannoni ad acqua per disperdere la marea di manifestanti antigovernativi dilagati dal quartiere chic di Saifi al Ponte del Ring che collega Achrafieh a Downtown.

«A meno che le cose non cambino, la vita in Libano non vale la pena di essere vissuta», ha detto con foga un manifestante vicino Piazza dei Martiri. «Sono passati cento giorni da quando sono iniziate le proteste. Eppure, chi può ritirare il proprio denaro nelle banche? Chi ha l'elettricità nelle proprie case?, chiede. Anche un altro manifestante esprime con rabbia le sue idee. «Il paese è congelato. Lo stato non sta facendo nulla, sono un mucchio di ladri». E un altro: «Nessuno ci ascolta. Siamo governati da criminali».

Saad Hariri, che ha rassegnato le dimissioni da primo ministro ad ottobre, ha affermato che la violenza sta minacciando la pace civile. «È una scena folle», ha scritto su Twitter. «Le persone sono esasperate». Ma il nuovo esecutivo del premier incaricato Hassan Diab non decolla. Ieri c'è stato l'ennesimo incontro con il presidente Michel Aoun. Ma nessun annuncio del nuovo governo. In mesi di proteste che hanno bloccato il Paese i politici ancora litigano per gli incarichi. La situazione economica è al collasso. Dal 17 ottobre i prelievi in dollari , sono stati progressivamente ridotti fino a 50-100 dollari a settimana. Aziende e piccoli negozi chiudono.

La lira libanese ha perso quasi la metà del suo valore, la carenza di dollari ha aumentato i prezzi e la fiducia nel sistema bancario è crollata.

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