Cara ex, non mi manchi ma faccio finta di sì

Ma dai, cara, prova finalmente a far sgocciolare la tua megalomania oppure per parlarti dovrò indossare pinne e bombole. È da quella che sono scappato a gambe inzuppate dopo essere quasi annegato dentro il mare (...)

(...) magnum (non «nostrum» per carità, altrimenti chissà che arie ti daresti) della tua vanagloria sentimentale, dell'arrembante, incessante, estenuante litanìa dei tuoi meriti e dei miei ovvi e conseguenti demeriti naturalmente irrisolvibili. Ora scambi qualche messaggino con su scritto «mi manchi» per una ulteriore dimostrazione d'amore eterno e di scodinzolante bisogno di tornare dove, se mi andava bene, riuscivo a prendere qualche boccata d'aria soltanto una volta al dì, massimo due. Mi scrivi che «abbiamo deciso consapevolmente che la nostra storia è finita» ma, che strano!, non aggiungi che dieci minuti dopo la consensuale «decisione consapevole», tu avevi già cambiato idea e, mentre facevo le valigie, tu tiravi fuori tutti i miei maglioni, quasi a sottolineare che no, mica me ne potevo andare, e che la decisione, sì, era stata presa ma forse si poteva ripensare. Ennò, il «mi manchi», via sms ma senza quegli orrendi emoticon che non uso mai, non ripensa questa decisione. No no. Talvolta, sai cara, siamo stati due protagonisti di una commedia all'italiana, quei film che a me piacciono tanto ma che a te intaccano l'autostima e quindi meglio seguire la miliardesima replica di Sex & The City con sottotitoli in slovacco piuttosto che guardare uno di quei capolavori in bianco e nero che ancora oggi sono il copione di tante vite matrimoniali o nemmeno matrimoniali come la nostra. Ad esempio, mi viene in mente che tu sei pari pari Ave Ninchi nella Famiglia Passaguai fa fortuna , sai quel film che una sera volevo seguire su quel canale ma niente, manco firmandoti un assegno avresti accettato perché sua santità mica può abbassarsi ad Aldo Fabrizi che mangia pastasciutta parlando in romanesco con gli occhi malinconici. Molto meglio esaltarsi ed esaltare la lucidità vincente di Patrick in quella partita a scacchi per maniaci dei retroscena che è The Mentalist . Oddio non che tu mi faccia venire in mente Ave Ninchi per le misure giunoniche, magari fosse per quello: ma per l'ossessività sadica, la voglia compulsiva di puntualizzare, smentire, correggere. Ricordi quando ti confidavo i miei successi? Rispondevi elencando i miei difetti. Se un giorno ti avessi annunciato la vittoria di un miliardo al Superenalotto, avresti avuto da ridire (o forse da ridere) anche su quello. Salvo poi naturalmente pianificare euro per euro tutte le spese da fare. Subito. E nell'elenco ci sarebbero state senza dubbio quelle spese che avevi ritenuto di cattivissimo gusto, quasi da minorati mentali, solo perché le sognavo io.

«Decisione consapevole», proprio così.

Certo, ci sono stati dei momenti nei quali la tua panzer division caratteriale mi ha fatto gioco, anzi mi ha proprio dato una grande mano a non decollare seguendo i miei volubili progetti o a non esaltarmi troppo per successi troppo piccoli. Ma nel mare magnum sono state goccioline, per altro già evaporate. Eri «vitale e decisa» come puntualmente mi rinfacci, ed è vero. Ma anche Trish Stratus lo è, solo che lei vince i campionati di wrestling non un confronto con il fidanzato. In fondo ci siamo attratti proprio per questo: tu precisa, io vago. Tu inossidabile, io flessibile. Sembravamo fatti una per l'altro, l'incastro pressoché perfetto e capace di esaltare i pregi e attutire i difetti, lasciando una sorta di camera iperbarica passionale, e sempre accogliente, per arrotondare gli spigoli. Tu ora mi dici che «un amore cieco vale molto meno di un amore ipermetrope», esibendo come sempre la tua cultura da Passaparola . In realtà il mio è stato un amore ipometrope, non vedevo le immagini lontane, non capivo le prospettive, e talvolta sì mi sono perso in immagini più vicine e più compiacenti (e ricambianti). Ero tramortito dal tuo desiderio, massì chiamiamolo desiderio, di prendere sempre il timone. Per salire a prua, e guai se non te lo ricordi, il tuo stratagemma era una specie di «dissing», sai quel modo tipico dei rapper di umiliare l'avversario. Sono mitragliate di parole, di rime, di insulti. Nel tuo caso era sempre una forma rarissima di «dissing», quasi quasi da consigliare ai nuovi rapper: il dissing tweet. In 140 caratteri mi demolivi. E poi decidevi la rotta con me tramortito. Ma mi sono ripreso. E il mio dissing ora è via sms: mi manchi, amore. Così ogni volta il tuo ego si gonfia e galleggia ipertrofico sulla megalomania, caricandosi secondo dopo secondo con i tuoi soliti slogan: è «un uomo liquefatto!», «un motore diesel col serbatoio agli sgoccioli» e via così. Ormai ho fatto il pieno, sai cara. E la mia è solo una vendettina adolescente e volatile per giocare con le atmosfere della tua megalomania.

Anzi, già che ci sono, mi tolgo un'altra soddisfazione. Guarda il cellulare. Dovrebbe esserti arrivato un messaggio, è l'ultimo, te lo prometto, mi è servito solo per riassumere in due parole tutto quello che ti ho appena scritto. Mi manchi.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica