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La carta di credito ci rende più liberi Come il contante

Credete che da oggi non ci sarà più nessuno che storcerà il naso e la bocca quando vi capiterà di chiedere di pagare con il bancomat uno scontrino da due euro e trentanove centesimi? Ovviamente no

La carta di credito ci rende più liberi  Come il contante

Quindi finalmente potremo pagare il caffè col bancomat. Per la verità si poteva fare già adesso, ma dipendeva dal commerciante: c'era quello smart che al misero conto di un caffè e una brioche da pagare con la carta elettronica tirava fuori il pos e ti sorrideva pure. Poi, però, c'era quello tradizionalista e diffidente che poteva risponderti: «Ma s'immagini, mi paga domani». Oppure, alternativamente, poteva farti uno sguardo torvo facendoti passare per un deficiente che va in giro senza un soldo in tasca o addirittura ti rispondeva: «Sotto i 30 euro non accettiamo pagamenti con carta». Perché, semplicemente, poteva. Da oggi non può più: siamo tutti liberi di pagare i nostri conti, anche quelli micragnosi, con il bancomat, così come possiamo pagare fino a tremila euro con i contanti. Oggettivamente è un passo avanti, anzi due: più libertà c'è, più civiltà c'è. È bene che si sappia il banale che spesso va ricordato, ovvero che in fondo sempre denaro è, che sia vero o elettronico. E che il provvedimento che rende possibile il pagamento con bancomat di qualunque importo sotto una certa cifra non prevede commissioni a carico del commerciante, che quindi non ne ha un danno. È un cambio dei costumi e delle abitudini. O, quantomeno, potrebbe esserlo. Da oggi siamo un Paese migliore, davvero. Il che però rivela che spesso non sono le norme che ci rendono precari rispetto agli altri, a volte persino arretrati. È l'approccio che abbiamo, senza che a questo venga necessariamente attribuito il grado di «cultura». Cioè: credete che da oggi non ci sarà più nessuno che storcerà il naso e la bocca quando vi capiterà di chiedere di pagare con il bancomat uno scontrino da due euro e trentanove centesimi? Ovviamente no. E rimarrà sempre il commerciante che non storcerà il naso né la bocca, ma risponderà: «Ma s'immagini, mi paga domani». Allo stesso modo, troverete sempre il diffidente che quando vorrete pagare - c'è da augurarselo, perché vuol dire che li avete - un gioiello da 1.500 euro in contanti vi farà passare per un evasore fiscale che deve nascondere il suo «nero» e così agevola un altro evasore fiscale che fa del «nero». Abbiamo più libertà, non sappiamo ancora né se ce la meritiamo né se saremo in grado di usarla bene. D'altronde ogni ricetta liberale presuppone più responsabilità individuale e quindi sta a noi, solo a noi, avendo a disposizione i mezzi (le norme) sfruttarli come si deve e soprattutto come ci fa più comodo. Una volta dataci più libertà lo Stato ha fatto il suo dovere, tranne per una cosa, almeno per quanto riguarda la liberalizzazione dei pagamenti: darci anche un'infrastruttura. Darci il mezzo attraverso cui quella libertà possiamo esercitarla. Per dirla meglio: non è neanche lo Stato che ce la deve dare, ma deve fare in modo che i privati possano darla a noi cittadini. L'infrastruttura, in questo caso, è la banda larga. È l'autostrada che migliora un Paese, che lo collega, che lo mette in connessione. Voglio pagare col bancomat un caffè, ora posso farlo.

Ma se lo faccio tra pochi giorni, poniamo il caso l'8 dicembre, Immacolata, giorno dello shopping compulsivo oltre che di una festa religiosa, niente di più facile che quel pagamento non possa essere fatto per sovraccarico delle linee. E allora? Non si può essere evoluti se non hai infrastrutture evolute. Altrimenti il signore che storce il naso ha ragione, sempre.

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