Sempre fuori tempo massimo. Il Pd si accorge dei propri disastri solo quando ormai è troppo tardi per rimediare. Come per il binomio stranieri e case popolari: una su due viene assegnata agli immigrati.
Quello che per anni è stato un tabù per il centrosinistra, sotto elezioni diventa un problema da risolvere velocemente, perché con le norme attuali gli stranieri hanno un vantaggio rispetto agli italiani e le case popolari si stanno trasformando in alloggi sempre più abitati da nordafricani e romeni, con il rischio di creare dei quartieri ghetto. Anche il Pd se n'è accorto.
Un tema che per anni è stato ignorato dalla giunta di centrosinistra che governa la Regione Piemonte. Come scrive loSpiffero.com, nel 2016 le domande raccolte sono state 16.040 di cui 14.575 valide, ma le case che il Comune di Torino riesce ad assegnare sono solo una minima parte (tra le 500 e le 700). Nel 2010 gli stranieri che usufruiscono delle assegnazioni erano il 24 per cento dei nuovi assegnatari, nel 2012 il rapporto è diventato di uno a tre, nel 2015 sono diventati più della metà (51%), un dato confermato anche nel 2016 (48%).
Se è vero, dunque, che la percentuale degli stranieri a Torino (15 per cento) è coerente con quella che abita nelle case popolari (oltre il 17 per cento) va affrontato un trend in costante ascesa. Lo stesso ex sindaco Piero Fassino, fece una sensazionale scoperta il 9 luglio 2016 che illustrò alla direzione regionale del Pd dopo la sua sconfitta elettorale: in Italia c'è un problema immigrazione. «L'immigrazione è un tema sul quale il Pd deve cominciare a ragionare. In termini di numeri stiamo arrivando al superamento della soglia che è governabile. Se non lo vediamo per tempo, questo problema rischia di travolgerci». Già fatto. «Per esempio - aggiunse - nell'assegnazione delle case popolari, il criterio basato sulla composizione dei nuclei familiari premia sempre più spesso le famiglie immigrate, che fanno più figli. Bisogna domandarsi fino a quando la graduatoria unica è sostenibile». Dopo poco più di un anno ci siamo. Le case popolari nelle periferie torinesi (ma la stessa cosa accade a Milano) rischiano di trasformarsi in una bomba dal punto di vista sociale.
La legge regionale approvata nel 2010 equipara i requisiti per l'accesso alla casa: se in passato gli stranieri dovevano dimostrare di avere un lavoro continuativo da almeno 3 anni oltre alla residenza, ora il requisito, per italiani e stranieri, è di avere almeno 3 anni di residenza nel comune in cui inoltrano la domanda. Oltre ai parametri di reddito (non superiore ai 20.
805 euro) viene assegnato un punto in più in graduatoria per le famiglie numerose, due punti per i profughi e tre punti per chi vive in alloggi piccoli o con i servizi in comune. Tutte condizioni che privilegiano gli stranieri rendendo sempre più proibitivo l'accesso degli italiani. Il Consiglio regionale ora sembra deciso a modificare la legge del 2010. Fuori tempo massimo.
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