La Cassazione: «È innocente» Ma ha fatto 7 anni di carcere

Armando Chiaro per il pm era «uomo di camorra»

La Cassazione: «È innocente» Ma ha fatto 7 anni di carcere

L'ex coordinatore flegreo del Pdl Armando Chiaro ha già scontato una pena a sei anni e mezzo di galera per un reato da cui è stato assolto due giorni fa. Carcere preventivo, carcere ingiusto nel suo caso. Accusato di essere l'uomo di collegamento tra la camorra di Marano - il potente clan Polverino, che ha ramificazioni in mezz'Europa - e la macchina comunale. C'erano i pentiti, c'erano le intercettazioni, c'era il teorema della Procura. Ma l'inchiesta è crollata in Cassazione, e la condanna - inflitta in primo grado e confermata, con un piccolo sconto di sei mesi sui sette anni iniziali, in Appello - è stata cancellata. Era l'epoca della caccia alle streghe nel centrodestra campano, il 2011. Con una compagine di pm e investigatori convinti che il Pdl vincesse e triturasse record elettorali nei feudi della sinistra per aver venduto l'anima al diavolo con lupara e coppola. Ipotesi, suggestioni in alcuni casi che, però, furono trasfuse in atti giudiziari. Come l'indagine che, il 3 maggio di quell'anno, portò alla cattura di 38 presunti fiancheggitori della cosca di Peppe Polverino, soprannominato o barone per i modi aristocratici. Tra loro, tra estorsori, trafficanti di droga e faccendieri in odore di zolfo, anche Armando Chiaro, consigliere comunale uscente e coordinatore del Pdl per Marano e i Comuni vicini. Indicato nelle conversazioni spiate dalle forze dell'ordine col duplice soprannome di «onorevole» o «assessore Mesillo», dal nome di fantasia di un politico corrotto del film Il Camorrista di Giuseppe Tornatore. Ci sono voluti sette (anni che Chiaro ha trascorso tra carcere e domiciliari) per scoprire che è innocente. Durante il processo, furono trascritte e depositate addirittura le intercettazioni tra Chiaro e Luigi Cesaro, l'allora presidente della Provincia di Napoli. Di che cosa parlavano, i due esponenti del Pdl? Di politica, di accordi elettorali, di strategie e alleanze per vincere le elezioni amministrative. Di tutto quello che, normalmente, è argomento del giorno per un politico. Materiale «scottante», invece, per gli inquirenti che ritennero usarlo come ulteriore indizio per dimostrare la colpevolezza di un sistema, a loro dire, malato. Falso, tutto ribaltato dagli ermellini che, oltre ad assolvere Chiaro, hanno disposto il dissequestro dei beni e la cancellazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici. Pur detenuto, Chiaro risultò eletto alle comunali. Ottenne 385 preferenze, i suoi sostenitori e gli amici di sempre avevano tappezzato Marano di manifesti in sua difesa. Fu poi il prefetto a intervenire e a disporre la sostituzione in consiglio comunale. Quella dimostrazione di affetto, però, divenne prova del grado di condizionamento - che certo esiste - della criminalità organizzata a Marano.

All'epoca, si segnalò per l'attivismo a favore

di una politica tutta manette e gogna mediatica l'allora senatrice del Partito democratico Teresa Armato. Firmò due interrogazioni parlamentari e chiese l'intervento del ministro dell'Interno. Chissà che cosa dirà, oggi.

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