Roma I proprietari immobiliari, per ora, possono tirare un sospiro di sollievo: la revisione del catasto si allontana sempre più. Archiviata nel 2015 dal governo Renzi per timore che l'adeguamento ai valori di mercato delle rendite si tramutasse in un'impopolare stangata, potrebbe essere seguita a breve anche dal «pensionamento» della versione soft: l'aggiornamento dei classamenti catastali. La Commissione tributaria regionale del Lazio ha, infatti, rinviato alla Corte costituzionale la questione di legittimità sulle disposizioni della Finanziaria 2005 che consente all'Agenzia delle Entrate, su impulso dei Comuni, di intervenire sulle rendite degli immobili aggiornando la classe catastale (ad esempio, spostandoli dalla popolare A4 alla signorile A2).
Finora questo meccanismo è stato utilizzato da grandi e piccole città come Milano, Roma e Lecce. Nel capoluogo lombardo Via Monte Napoleone è stata letteralmente divisa in due: da una parte aggiornamenti monstre, dall'altra nulla. Idem nella Capitale in quartieri come Prati e Trieste. A Lecce, invece, nel 2013 il 75% degli immobili è diventato improvvisamente A1 (lusso) e A2. L'aggiornamento ha dato il via a una serie infinita di ricorsi contro l'Agenzia delle Entrate che si sono rimpallati le commissioni tributarie, il Tar e la Cassazione.
Perché è accaduto tutto questo? Perché la Finanziaria 2005 sull'onda emotiva degli scandali generati dalle rendite minime nel centro di Roma diede il via agli aggiornamenti, occasione di cui i Comuni approfittarono con i tagli ai trasferimenti decisi dal governo Monti. La questione tecnica è sottile, ma le conseguenze sono devastanti sia per i Comuni che per l'Agenzia delle Entrate. Il comma 335 della Finanziaria stabilisce che i Comuni, ove si rendano conto di sperequazioni tra valore di mercato e rendita catastale, possano chiedere al Catasto di attivare il procedimento di revisione. Quello successivo, il 336, afferma invece che, ove i Comuni riscontrino tali discrepanze, siano i proprietari a dover produrre opportuna documentazione in mancanza della quale è richiesto l'intervento diretto dell'Agenzia delle Entrate. Insomma, gli aggiornamenti indiscriminati effettuati negli ultimi anni, scrive la Commissione tributaria del Lazio rinviando alla Consulta, non aveva ragion d'essere perché si doveva seguire la procedura prevista dal 336.
«È un'ordinanza importante», commenta il presidente di Confedilizia,
Giorgio Spaziani Testa, aggiungendo che «viene sancito il principio che per le revisioni serve sempre una verifica concreta degli immobili». La revisione del Catasto? «Non serve, d'ora in poi bisognerà valutare caso per caso».
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