N aturalmente dice di non saperne niente, Massimo D'Alema: lui non si occupa di scissioni del Pd ma «del merito delle questioni che riguardano il futuro della democrazia in Italia». Ma in tanti, ieri, hanno sospettato che ci fosse la sua «manina» dietro il clamoroso avvertimento lanciato da Gianni Cuperlo al premier nonchè leader del Pd: o fai quel che ti diciamo noi sulla legge elettorale, oppure «la tenuta e l'unità del Pd sono in gioco».
Il senso del messaggio del solitamente mite Cuperlo era chiaro, tanto più che non erano dichiarazioni rubate ma una vera intervista rilasciata al Tg3 . Una scelta evidentemente meditata, per dire che su un tema come «la qualità della democrazia, in gioco non è la sorte del governo ma il destino del Pd», e che Renzi «ci pensi bene, prima che sia troppo tardi». La parola scissione non viene pronunciata, ma la minaccia (che poi per Renzi si tratti proprio di una minaccia è da vedere) è quella.
In verità, il premier e i suoi ieri non si sono mostrati granchè atterriti dalla sfida cuperliana: giusto il vicesegretario Lorenzo Guerini ha replicato con toni un filo ironici: «Non credo sia utile continuare a manifestare ogni giorno rischi di tenuta per il partito». Gli altri, zitti. Anche perché, spiega un renziano con metafora pulp, «Cuperlo è come un kamikaze, imbottito di tritolo da D'Alema e lanciato contro... Bersani».
Insomma, lo scontro si sta consumando tutto in casa della già acciaccata minoranza Pd. Dove, mentre Renzi va pacifico per la sua strada, ci si litiga la leadership del fronte anti-Renzi che dovrebbe azzopparlo. Azzoppandosi a vicenda. D'Alema (e Cuperlo) contro Bersani, Bersani contro Speranza, Civati contro tutti e così via.
Bersani negli ultimi giorni era partito alla riscossa, alzando la fiaccola dell'opposizione a Renzi (sempre però votando i suoi provvedimenti, sia pur «per l'ultima volta») e sta chiamando a raccolta tutte le anime dell'opposizione interna, inclusa la moderatissima e ampia area che fa capo al capogruppo Speranza e che in realtà va d'amore e d'accordo con Renzi, per un'assemblea convocata - con un pizzico di romanticismo - nel primo giorno di primavera a Roma. I suoi si stanno affannando ad organizzarla, tentando di tenere insieme tutte le sfaccettate correntine anti-renziane, per cercare di fare massa e di spaventare Renzi quando da lì Bersani lancerà il suo nuovo ultimatum. Ed ecco che Cuperlo decide di rovinare la festa, attirando sull'intera minoranza il losco sospetto di scissionismo.
E infatti i bersaniani, dopo l'esternazione cuperliana, si affrettano ad annunciare che «ora Pierluigi lo stoppa». L'ex segretario si affaccia in Transatlantico e assicura: «Nessun rischio scissione», se mai «c'è un disagio di cui Renzi dovrebbe tenere conto senza rispondere solamente tiriamo dritto».
A Palazzo Chigi osservano con una punta di divertimento le convulsioni della minoranza interna, convinti che «non vanno da nessuna parte». E d'altronde il voto di martedì sulla riforma del Senato ha dato a Renzi «una maggioranza talmente sfacciata», come dicono i suoi, che neppure sull'Italicum il premier vede veri ostacoli all'orizzonte. Sa bene che, per quanto si agitino i vari D'Attorre, Fassina e Cuperlo, il grosso dei parlamentari della minoranza alla fine starà con lui. Se non altro per sperare di essere rieletto.
di Laura Cesaretti
Roma
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.