«Ciò che è successo questa settimana in commissione Difesa al Senato non è un capriccio di Mdp, semmai una scarsa attenzione di chi avrebbe dovuto difendere il decreto legge in tutte le sue parti». A dirlo è Lorenzo Battista, senatore bersaniano, critico sulle proposte del governo contenute nel Libro bianco della Difesa. Il testo si propone di attuare una revisione del modello professionale delle Forze armate. Un dato di fatto è evidente: l'80% della spesa militare è per il personale, ma allo stesso tempo i militari sono scontenti a causa dei tagli apportati negli anni e questo malcontento è stato rappresentato ai politici. Mdp e partiti di centrodestra ora esultano per aver «mandato sotto» il governo sull'articolo 9 che prevedeva la sostituzione di un contingente con contratti a tempo determinato con una contrattualizzato a termine nonché la modifica del sistema di avanzamento degli ufficiali.
Nei giorni scorsi, però, l'esecutivo ha proposto una modifica dell'articolo, che diventerà l'8 bis e che sicuramente vedrà meno poteri accentrati nelle mani del Capo di Stato maggiore della Difesa, competenze adeguate per il segretario generale della Difesa e una dipendenza diretta dal ministro del direttore nazionale armamenti. C'è ancora molto da fare, perché sulla centralizzazione della logistica il governo (e la Difesa) non ci sentono.
«Le criticità - prosegue Battista - sono state sollevate in più occasioni e personalmente avrei avuto una posizione molto più severa sui primi articoli della proposta, perché sono quelli il vero problema del ddl: un accentramento di poteri nelle mani del Capo di Stato maggiore e la subordinazione della nuova figura del direttore nazionale degli armamenti allo stesso soggetto». Tra l'altro, aggiunge, «la logistica passa tutta sotto la direzione di questa nuova figura apicale, la virata verso il modello interforze e la creazione di nuovi comandi di cui non abbiamo nessuna necessità, solo per citare alcuni punti». Per Battista «sul ddl del governo, discendente dal Libro Bianco, sorprende la tempistica. Non si capisce perché un provvedimento di questa portata arrivi alla commissione sul finale della legislatura». Per il senatore «bisogna anche capire che se il nostro Paese vuole incidere nella politica estera ciò non può tenere conto dell'efficacia dello strumento militare. In un contesto geopolitico incerto e pieno di tensioni domandiamoci perché subiamo le iniziative del governo francese in Libia o come sono andati gli accordi con Fincantieri/Stx».
Secondo il politico, si dovrebbe «partire da un'analisi dell'organizzazione attuale che porti all'individuazione dei problemi da risolvere.
In altre parole, l'interforzizzazione data a priori come soluzione e panacea di tutti i mali appare uno slogan. A riferimento, gli inglesi, approcciando questione analoga nel 2010, hanno affidato l'analisi a Lord Levene che ha definito subito i problemi. Ma noi abbiamo fatto questa valutazione?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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