Roma - Inversione di marcia con la doppia striscia continua. Robetta da sospensione della patente. Ed è come un'inversione a U sul tema del referendum d'autunno l'ultima uscita del premier, Matteo Renzi, nel corso di un'intervista rilasciata alla tv americana Cnbc. «Sono sicuro che vincerò il referendum - ha spiegato alle telecamere della Cnbc -, ma non perché questa sarebbe la mia vittoria. Non è il referendum di Renzi». Il gergo è quello del politichese puro. In quel «Non è il referendum di Renzi» c'è tutto il cambio di passo della narrazione (come piace tanto chiamarla allo staff di Palazzo Chigi) della campagna referendaria.
Che era partita, in verità, lancia in resta con il classico après moi le déluge. Ossia: non fate che vinca il No al «mio» referendum, altrimenti mollo tutto. Perché - aggiungeva un presidente del Consiglio particolarmente ispirato nei primi giorni di campagna elettorale - senza questa riforma il nostro programma politico non ha più senso. E il nocciolo duro di questo programma, infatti, si basa proprio sulla riforma Boschi che in Parlamento non ha trovato l'indispensabile «bottino» della maggioranza qualificata per le riforme costituzionali e si vede quindi costretto ricorrere al referendum confermativo. La stessa Maria Elena Boschi (ministro peri Rapporti col Parlamento) aveva usato parole particolarmente proditorie nel difendere la bontà della riforma. Non in occasione del dibattito parlamentare. Bensì poco tempo fa. Quando, sfruttando la scia emotiva della tragedia di Nizza, aveva detto che senza la riforma il nostro Paese rimarrebbe scoperto sul fronte della sicurezza. Facendo seguire quest'affermazione da elucubrazioni ancora poco chiare. Visto che la forbice tra il Sì e il No, nei sondaggi, diminuisce progressivamente, altrettanto progressivamente muta la campagna elettorale del fronte del Sì.
Dal lontano «Io ci metto la faccia» all'ultimo «Non è il referendum di Renzi».
Renato Brunetta (capogruppo alla Camera di Forza Italia) ha buon gioco di definire il nostro premier «ondivago». Ma ci siamo abituati. Visto che una volta conquistata la segreteria del Pd aveva detto: «Mai a Palazzo Chigi senza il voto popolare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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