"Che pena sinistra e 5 Stelle: speculano su mio bisnonno"

L'erede di Casa Savoia: "Il tweet della Raggi? Dimostra solo ignoranza. Per il Pantheon parlerò con la Chiesa"

"Che pena sinistra e 5 Stelle: speculano su mio bisnonno"

«Adesso basta. La politica si occupi di pensare ai problemi dell'Italia. Tra tre mesi ci saranno le elezioni. La smettano, dunque, di prendere la scusa di Vittorio Emanuele III per avere dei consensi politici e parlino dopo aver studiato, perché senza storia non c'è futuro»: Emanuele Filiberto di Savoia respinge le critiche di questi giorni alla monarchia e spara a zero.

Principe, dunque ce l'ha con la politica?

«C'è una scarsa conoscenza della storia. Sappiamo benissimo che dal '46, quando la Repubblica fu proclamata, dopo il broglio, hanno dovuto demonizzare i Savoia, mettendo sui libri la storia che volevano scrivere loro. Quando fa comodo non parlano di casa Savoia, quando fa comodo, come adesso, ci vanno giù duri. Ma i politici di oggi hanno vita breve, visto l'avvicinarsi del voto. Noi abbiamo mille anni di storia alle spalle e altrettanti ne avremo. Se non tratteremo con questo governo lo faremo col prossimo.

Non ho fretta. Quello che mi fa ancor più pena è che certe cose vengono da persone che rappresentano il popolo. Prendiamo il tweet del sindaco di Roma, Virginia Raggi, privo di qualsiasi tipo di conoscenza storica. Io, sinceramente, le consiglierei di occuparsi di una Capitale che sta cadendo a pezzi e del suo albero di Natale. Quando non si sanno le cose, meglio tacere».

Com'è andata veramente la questione delle salme arrivate di sorpresa in Italia?

«Ad agosto scorso ricevemmo una lettera di mia zia Maria Gabriella in cui diceva che, grazie a ottimi contatti con il Quirinale, sarebbe stato possibile far rientrare i feretri in Italia. Mio papà non acconsentì a firmare la delega, allora lei mi chiamò e mi spiegò la situazione. Lo convinsi. Lui le inviò il documento firmato via mail, ma le chiese di tenerlo informato passo per passo. Non lo ha fatto.

Non è stato bello apprendere dell'arrivo dei nonni da un comunicato stampa e dai media. Voglio ringraziare, comunque, il presidente Mattarella per il suo gesto. Lui non poteva sapere degli attriti tra parenti. E grazie anche a quei tre militari dell'Aeronautica che hanno fatto il saluto militare alla salma del nonno. Un bel gesto».

Le salme rimarranno a Vicoforte?

«Porterò avanti la mia battaglia per trasferirle al Pantheon. A gennaio andrò in Vaticano per chiedere come si può fare affinché anche i resti di Umberto II e Maria José possano essere portati lì. Dal 1878, è la suprema sepoltura dei re d'Italia. Ringrazio la politica, ma in questo momento non hanno più niente da dire, perché l'autorizzazione alla traslazione delle salme spetta alla Chiesa. Peraltro, sui miei nonni Umberto II e Maria José non c'è niente da dire. Lui voleva morire in Patria e non gli fu concesso. L'ultima parola che pronunciò in vita fu "Italia"».

Ma Vittorio Emanuele III è stato molto criticato.

«Di lui sono giudicati solo gli ultimi 10 anni del suo operato, ma regnò per 46. Fu responsabile del suo Paese, nel bene e nel male, ma Mussolini andò al potere per volontà del Parlamento e tra i parlamentari ce n'erano anche ebraici.

Tutti criticano per le Leggi razziali, che furono una cosa ignobile e insensata. Il re, però, per ben tre volte le rimise davanti al Parlamento. Lui non voleva firmarle. Si trovò da solo contro un Parlamento che aveva votato le Leggi.

Aveva due possibilità: un colpo di Stato per mettere Mussolini e il fascismo alla porta o abdicare. In entrambi i casi avrebbe aperto i cancelli alla Germania nazista, che poi uccise sua figlia. Scelse il male minore».

L'8 settembre, però, fuggì...

«Il termine "fuga" è di matrice fascista, poi è stato ripreso con successo anche dalla sinistra. Io sono convinto che la salvezza dell'Italia è stata nel trasferire il re, parte del governo e lo Stato maggiore a Brindisi. Bisognava salvare il re, perché senza re non c'è più Stato.

Si parla di una storia di moltissimi anni fa, diversa da quella che tutti raccontano e che andrebbe studiata, lo dico ai giovani. Far tornare il re al Pantheon, per me, non solo è giusto, ma sarebbe chiudere un cerchio dicendo: l'Italia, ormai, è una Repubblica forte, non abbiamo più paura dei Savoia».

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