E siamo a meno uno. Il conto però potrebbe salire in fretta perché di ministri (e vice) traballanti, malgrado il poco tempo passato dal varo del Conte Bis, ce ne sono già diversi. Con il clima da guerra fredda dentro la maggioranza, le faide interne nel M5s e le manovre di potere dietro le quinte di Conte, altre poltrone possono saltare facilmente. Si aggiunga poi il partito di Renzi che scalpita per guadagnare spazi nel governo, e poi i possibili rovesci elettorali (specie per il Pd) alle prossime amministrative, e si ottiene una miscela parecchio instabile.
Le caselle che scricchiolano sono distribuite tra i partiti di governo, con al momento un vantaggio dei Cinque Stelle. Oltre al dimesso Fioramonti, si è già segnalata alle cronache la altrimenti invisibile ministra dell'Innovazione, la grillina Paola Pisano. Nei giorni scorsi la Pisano è riuscita a far esplodere le polemiche sul confitto di interessi della Casaleggio Associati. Ha infatti avuto la brillante idea di chiedere consigli proprio a Davide Casaleggio, presidente dell'Associazione Rousseau (la piattaforma di voto on line del M5s) e dell'omonima società privata di consulenza, per la stesura del «Piano per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese». Il Pd e i renziani hanno dovuto chiedere pubblicamente «spiegazioni» per prendere le distanze dagli intrecci tra M5e e Davide Casaleggio. Il suo è un ministero periferico e quindi meno ambito, ma dopo questa gaffe il suo nome è entrato nella short list dei ministri di cui la maggioranza può fare a meno.
Sotto il fuoco dei grillini invece è la ministra renziana Teresa Bellanova, che occupa un settore - l'Agricoltura - strategico per creare consenso specie al sud, territorio elettorale del Cinque stelle. Sulla Bellanova è infatti partito un attacco a testa bassa da parte di Barbara Lezzi, ex ministra del Sud fatta fuori nel Conte bis. La Lezzi ha accusato la Bellanova di aver «distratto dagli agricoltori 40 milioni di euro» per destinarli al Distretto agroalimentare di qualità Jonico Salentino e al Gruppo d'azione locale di cui è presidente Cosimo Durante, segretario particolare appunto della ministra Bellanova. Da lì poi un reciproco accusarsi di dire bugie e toni sempre più duri tra M5s e Italia Viva, alleati di maggioranza.
La Bellanova era già finita nel mirino subito dopo la nomina, per via del suo titolo di studio - terza media - considerato non adeguato per guidare un ministero. L'ex sindacalista è una tipa battagliera, ma ciò non toglie che anche la sua poltrona sia tra quella con le gambe che cigolano.
Poi c'è l'ex generale Sergio Costa, il ministro ambientalista dell'Ambiente, anche lui M5s. I renziani se ne libererebbero molto volentieri, e le regionali in Campania possono essere l'occasione giusta. Costa è infatti molto lusingato dall'idea di essere lui il candidato di una coalizione M5s-Pd. Candidarsi? «Vorrei capire con quale idea e con quale progetto. A me non interessa portare voti, ma fare polis, costruire un progetto condiviso» ha detto. Facendo chiaramente capire che la cosa gli interessa, ma vuole garanzie sull'appoggio Pd, altrimenti si tiene la poltrona all'Ambiente.
Dubbia è anche la solidità della seduta di Giuseppe Luciano Calogero Provenzano, detto Peppe, ministro per il Sud, esponente dell'estrema sinistra Pd, antirenziano, tifoso della tasse (ne vuole di più sulle case e si emoziona per la plastic tax). Le sue intemerate meridionaliste contro Milano («Non restituisce nulla all'Italia») in cui descrive il capoluogo lombardo come una città egoista, anche se Milano regala all'Italia 11 miliardi l'anno di residuo fiscale, hanno fatto saltare i nervi anche al suo Pd, che amministra la città. Scosse in vista anche alla Farnesina, presidiata dai grillini Luigi Di (ministro) Maio e Manlio Di Stefano.
Il sottosegretario renziano Ivan Scalfarotto, causa profonde divergenze con i colleghi pentastellati agli Esteri, si è autodato un preavviso di dimissioni: «Mettiamola giù chiara. Diciamo che alla Farnesina non ci resto a tutti i costi».
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