Chi scherza col fuoco dell'indipendentismo

di In Veneto non si deve votare: né per sapere se la popolazione sia per l'indipendenza, né per sapere se essa sia disposta ad accettare una soluzione più moderata, che permetta un'autonomia analoga a quella di cui gode il Friuli Venezia Giulia. Questa è la volontà del governo, che ha chiesto alla Corte costituzionale di bloccare le consultazioni volute dalla Regione Veneto guidato dal leghista Luca Zaia.

Il premier Matteo Renzi e il ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, hanno insomma scelto di impugnare sia la legge che (in maniera consultiva) poneva al centro un'ipotesi d'indipendenza, sia quell'altra che si limitava a chiedere lo statuto speciale. La palla passa ora alla Consulta, che dovrà ascoltare le ragioni dell'ente regionale e fare i conti con la sua opposizione.

Quello che si profila è uno scontro sempre più duro. La galassia degli indipendentisti veneti ora troverà un altro argomento di mobilitazione, mentre la stessa Lega dovrà - almeno in Veneto - accantonare le logiche lepeniste e tornare a parlare d'indipendenza. E dopo la bocciatura dell'autonomia non c'è più alcuno spazio per quanti immaginavano soluzioni moderate.

Verrebbe da pensare, ricordando una celebre frase di Kennedy, che quanti rendono impossibile una rivoluzione pacifica rendono inevitabile una rivoluzione violenta. Ma non è questo lo scenario veneto, specie se si considera che quanti rivendicano il diritto di votare sull'indipendenza potrebbero presto avere il vento in poppa. L'asse Renzi-Berlusconi del «patto del Nazareno» sta suscitando disagio e questo offre un'autostrada di opportunità elettorali a chi chiede che il Veneto debba fare da sé.

Le ultime elezioni avevano visto, anche in questa parte d'Italia, il successo di Renzi. L'ex sindaco di Firenze aveva assicurato quanti chiedevano maggiore attenzione, ma le ultime scelte pongono il premier in una situazione difficile. Mentre l'Italia non cresce e il sistema politico è prigioniero di logiche consociative, la negazione del diritto a votare può innescare infatti conseguenze non prevedibili. Tanto più che l'11 settembre prossimo a Barcellona milioni di persone manifesteranno per ricordare la perdita dell'indipendenza catalana di 300 anni fa e una settimana dopo gli scozzesi andranno al voto, senza tensioni, per decidere se restare con Londra oppure no. In novembre - nelle intenzioni del presidente Artur Mas - i catalani voteranno per l'indipendenza e, se questo sarà loro negato, già sono pronte soluzioni alternative. Mas potrebbe sciogliere il parlamento catalano e trasformare la rielezione in un referendum tra Spagna e Catalogna.

In apparenza, oggi Renzi esce vincitore: impugna le leggi e vieta di votare. Sceglie la strada un po' autoritaria di un nazionalismo chiuso su se stesso e salva l'unità. Il primo ministro sta però giocando con il fuoco, poiché la popolazione veneta difficilmente rimarrà in silenzio. È anzi probabile che questo possa favorire lo sviluppo di un indipendentismo nuovo, post-leghista, obbligando anche Zaia a inseguire chi in queste ore sta predisponendo una massiccia mobilitazione.

Nel teatrino della politica italiana la mossa di Renzi offre ai fautori dell'indipendenza un'opportunità storica: e tutto questo quando ormai un personaggio come Umberto Bossi è archiviato e la stessa Lega non ha più il monopolio di questi temi.

Dopo l'afflosciarsi della novità grillina e la delusione nei riguardi di Renzi, la vera novità politica dei prossimi mesi potrebbe dunque essere l'indipendentismo. Perché tra Verona e Treviso sono sempre di più quanti pensano che qui o si disfa l'Italia o si muore.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica