Il Cnel, che dovrebbe indicarci la retta via in materia di economia e di lavoro, perde il pelo ma non il vizio. Gli ultimi sviluppi di questa eterna «telenovela» a carico delle casse dello Stato e delle tasche degli italiani sono piuttosto clamorosi: proprio in questi giorni sono arrivati i famosi «inviti a dedurre», gli avvisi di garanzia della Corte dei conti, 84 in tutto, a presidenti, consiglieri, dirigenti e funzionari di quella che un tempo veniva chiamata la «terza Camera», per chiedere la restituzione delle «diarie» indebitamente percepite nel 2011 e nel 2012. Contemporaneamente e il fatto è quasi paradossale sono stati presentati in Parlamento due emendamenti al ddl Bilancio 2018, in corso di discussione, per riattivare le indennità mensili e i rimborsi-spese nel Consiglio presieduto da Tiziano Treu.
La vicenda kafkiana di Villa Lubin una sede prestigiosa per un organismo inutile - continua a riservare sorprese: nessuno vuole il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, ma intanto resta lì. A suo tempo, sarebbe bastata la maggioranza qualificata di Camera e Senato per mettere la parola fine, ma l'allora premier Renzi volle inserire a tutti i costi il quesito sulla sua abolizione nel referendum del 4 dicembre 2016. E il Cnel restò, ancora una volta, sul groppone degli italiani. Non solo: scongiurato il pericolo, il partito della «terza Camera» ha ripreso vigore e oggi vuole ritornare alla situazione che ha preceduto la tempesta, a dispetto di tutti e di tutto.
Ma torniamo agli avvisi di garanzia della Corte dei conti che, dopo aver spiegato in modo dettagliato i motivi per cui l'organo costituzionale non si è attenuto alle leggi dello Stato sulle diarie percepite da consiglieri e funzionari, quantifica in oltre 300mila euro il danno arrecato alle casse pubbliche e indica, nome per nome, quanto ciascuno dovrà restituire. Ma c'è un «ma»: potrà capitare che chi restituirà con una mano, se lo riprenderà con l'altra (magari con gli interessi) nel caso dovessero passare in Parlamento i due emendamenti: uno di Maurizio Sacconi, l'altro firmato da Parente e Sangalli del Partito Democratico.
L'aria che si respira a Villa Lubin è, comunque, molto pesante: ai dirigenti ed ai funzionari sono state attivate direttamente le trattenute in busta-paga, mentre ai presidenti e ai consiglieri, che non ricevono oggi alcun compenso su cui l'amministrazione del Cnel si possa rivalere direttamente, arriveranno gli atti esecutivi dall'Avvocatura dello Stato. Alcuni hanno già versato spontaneamente non appena ricevuto l'invito della Procura, altri si preparano a dare battaglia, perché ritengono ancora che i regolamenti del Consiglio potessero «bypassare» le leggi dello Stato e che, quindi, le diarie fossero percepite in piena legittimità.
La verità, forse, è che i membri della «terza Camera» si ritenevano intoccabili ed ora battono cassa e, prima che scadono con lo scioglimento del Parlamento, bussano la porta dei «colleghi» deputati e senatori per riavere quanto, secondo loro, dovrebbe spettare, con buona pace di tutti coloro che continuano a considerare il Consiglio l'emblema più blasonato degli enti inutili: mai svegliare il Cnel che dorme.
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