La consigliera di Tria e l'aiutino al ministro: "Fa lavorare il figliastro"

L'accusa M5s al titolare di via XX Settembre Dietro il pressing c'è il Def e le controllate

La consigliera di Tria e l'aiutino al ministro: "Fa lavorare il figliastro"

Il governo è nel caos, i risultati economici prodotti in meno di un anno sono disastrosi, il Def è alle porte. Alla perenne caccia di capri espiatori per esorcizzare una realtà che si ribella ai suoi desideri, la maggioranza - grillini in testa - si concentra sul ministro dell'Economia Tria, ossia colui che dovrà mettere in fila i numeri del prossimo Def. E che dovrà decidere tra la realtà e i desideri dei capibastone dell'esecutivo.

Nasce così il «caso Bugno», dal nome della consulente del Mef e stretta collaboratrice del ministro su cui negli ultimi giorni è stato sollevato un polverone di chiacchiere, tentando di colpire lei e, attraverso di lei, il ministro. L'«accusa» è assai evanescente, ma evidentemente non c'era di meglio: il figlio della compagna di Giovanni Tria dallo scorso novembre lavorerebbe per l'azienda di cui è amministratore il compagno di Claudia Bugno. Essendo la società privata, ed essendo il lavoro lo stesso che il ragazzo svolgeva prima presso altri, e per il quale è qualificato, non si capisce bene dove sia lo «scandalo». Sollevato, guarda caso, da alcuni quotidiani molto compiacenti col governo grilloleghista, all'indomani di scontri molto aspri nel governo: gli altolà di Tria sulla commissione Banche, la reazione rabbiosa di Palazzo Chigi, le tensioni sui sedicenti decreti «Crescita» e «Sblocca-Cantieri» che non riescono a vedere la luce, il feroce pressing di Lega e Cinque Stelle su Tria per fargli sbloccare i soldi a pioggia da loro promessi - contro le regole europee - ai correntisti delle banche fallite. Figli e compagni a parte, l'altro capo di imputazione è la nomina di Bugno nel board di StMicroelectronics, società quotata italo-francese che produce microchip. Nomina per la quale era qualificata, spiegano i bene informati, ma su cui c'erano altri interessi nel governo.

La macchina della propaganda grillina si è immediatamente mobilitata per ingigantire la questione, spedendo Buffagni e Paragone a chiederne pubblicamente conto a Tria, e facendo rilanciare dall'ufficio Ansa presso palazzo Chigi la «clamorosa» notizia. Poi sono partite le minacce: presto arriveranno interrogazioni sul caso, fanno sapere i grillini. Il sospetto che dietro tutta l'offensiva mediatica ci sia lo zampino di Rocco Casalino è assai concreto. E non a caso ieri sera proprio da Palazzo Chigi trapelavano messaggi minacciosi alla volta di Tria: «irritazione e imbarazzo» contro il ministro per i «conflitti di interessi riportati da alcuni giornali» e da lui «non ancora chiariti». E si sottolinea che «per ora il ministro resta al suo posto», ma solo perchè il 10 aprile va presentato il Def e - evidentemente - nel governo non c'è nessun altro in grado di fare somme e sottrazioni. Ma la spada di Damocle viene lasciata a penzolare sul capo di Tria, nella speranza che questo serva a far tornare i conti in modo che corrispondano alla realtà parallela di Lega e Cinque Stelle, come ai tempi del balcone, e non ai banali dati economici.

La guerra grillina a Claudia Bugno non è peraltro iniziata ieri. Di Maio ha messo da tempo nel mirino la consulente, rea di sfuggire al suo controllo e ai suoi voleri. Già nello scorso novembre dal giro Cinque Stelle era partito l'attacco per cercare di spingerla alle dimissioni: la manager veniva vista come il principale ostacolo, dentro il Mef, ai deliranti piani di Di Maio e Salvini per «salvare» il carrozzone Alitalia a spese dello Stato e dei contribuenti.

A febbraio un nuovo assalto, con minacce di presentare interrogazioni parlamentari contro di lei: stavolta al centro della tensione c'erano la gestione delle società partecipate e delle nomine da parte del Mef, che contrastava con i robusti appetiti grillini. Quello di oggi è solo l'ultimo capitolo della faida.

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