Consip, parte il valzer delle smentite. L'ex ad adesso scagiona papà Renzi

Il dietrofront di Marroni: "Non mi hanno raccomandato Romeo"

Consip, parte il valzer delle smentite. L'ex ad adesso scagiona papà Renzi

Nella telenovela infinita sulla vicenda Consip che dura ormai da mesi, va registrato un altro colpo di scena, se così si può chiamare, che rende tutta questa storia ancor più paradossale.

Eravamo rimasti a Tiziano Renzi, babbo del segretario del Pd, indagato per concorso in traffico illecito di influenze, insieme al socio in affari Carlo Russo, con l'accusa di aver chiesto soldi all'imprenditore Alfredo Romeo (indagato per lo stesso reato) in cambio di una raccomandazione all'ex ad di Consip, Luigi Marroni, sull'appalto miliardario Fm4. Come scrive L'Espresso, Marroni ritratta tutto: «Russo non mi ha mai sponsorizzato Romeo», dice ai pm romani. Russo non gli avrebbe mai fatto pressioni per favorire le imprese di Romeo, come pizzini e intercettazioni proverebbero, ma piuttosto quelle del gruppo concorrente, guidato dai francesi di Cofely. Un'azienda che Marroni definisce ai magistrati, essere «nel cuore» del deputato di Ala, Ignazio Abrignani ma, soprattutto, in quello del suo capo, il senatore Denis Verdini. Tanto per cambiare. Questa ritrattazione indebolisce il quadro probatorio contro Tiziano e complica non poco il lavoro dei magistrati che non ci capiscono più nulla. Come noi. E anche se Consip non c'entra nulla, La Verità racconta di due società di Renzi senior (Eventi 6 e Marmodiv) visitate giovedì dalla Finanza «che ha guardato persino nei frigoriferi».

Più passa il tempo e più tutta questa storia assume contorni tragicomici. Ai pm napoletani Marroni dice «di non ricordare il nome» della società riferibile a Russo. Poi, incredibilmente, con quelli romani, ha l'illuminazione: si tratta di Cofely, «vicina» a Verdini, che ora aggiunge anche questa, alle altre gatte da pelare. E visto che siamo a smentirci, anche il presidente di Publiacqua Filippo Vannoni, tirato in ballo proprio da Marroni, suo intimo amico, ammette che ai pm di Napoli mentì perché sotto stress: a Firenze erano scoppiate delle tubature, «Publiacqua doveva affrontare delle situazioni risarcitorie complesse», e il nome del ministro dello Sport, Luca Lotti (indagato per rivelazione di segreto d'ufficio) lo ha fatto per «levarmi dalla situazione. Ho fatto il nome dell'onorevole Lotti perché era l'unica persona che conoscevo (...) Nelle situazioni di stress vado in crisi e non riesco a esprimermi adeguatamente», la surreale giustificazione.

A Marroni, invece, rivelò che i suoi telefoni erano sotto controllo «per levarmelo di torno perché il manager era avvolgente e caramelloso».

Sarà, ma una cosa però non la può negare: è certo che Vannoni sapesse in anteprima di un'inchiesta su Consip che nessuno doveva conoscere. Su questo non c'è Lotti che tenga.

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