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Conte nel caos totale: dallo stop a Draghi alla veloce retromarcia

La velina dopo il vertice è subito smentita. E Giuseppi è costretto a correre da Di Maio

Conte nel caos totale: dallo stop a Draghi alla veloce retromarcia

Tutto nel giro di una giornata. Prima i tweet facsimile dei tre leader giallorossi, che volevano offrire l'immagine di una compattezza granitica, poi - prima di pranzo - la guerra delle veline dentro il M5s. E quindi tutto da rifare. La rivendicazione dell'unità del fronte progressista si dissolve di fronte alla schizofrenia della comunicazione dei pentastellati. Il Movimento si è incartato sul nome di Mario Draghi ed è diventato difficile occultare la spaccatura tra la base parlamentare e il gruppo dirigente. Giuseppe Conte, al quale non dispiacerebbe il trasloco del premier sul Colle più alto, è costretto ad abbozzare. Correndo il solito rischio di scontentare tutti. L'alleato Enrico Letta che lo invita a «preservare» Draghi e i deputati e i senatori grillini, pronti a ogni ostruzionismo pur di ostacolare l'ascesa al Quirinale del presidente del Consiglio. I franchi tiratori sono dietro l'angolo.

Ed ecco che Conte dopo il vertice giallorosso appare alla Farnesina. Un'ora di colloquio «distensivo» con Luigi Di Maio. Una visita che però certifica il ruolo del ministro degli Esteri all'interno del partito. L'avvocato avrebbe preferito muoversi da solo, ma si è reso conto di non poter fare a meno dell'influenza che Di Maio esercita su un numero sempre maggiore di parlamentari. Il caso di giornata, tra i Cinque stelle, è il susseguirsi di dichiarazioni contraddittorie filtrate dall'incontro con Letta e Speranza a casa di Conte. «Qua stiamo impazzendo», sintetizza in poche parole un deputato alla seconda legislatura. In effetti si rasenta il paradosso. «Per il Quirinale il M5s spinge ancora per trovare un nome alternativo a quello di Mario Draghi, in modo da poter far rimanere il premier a Palazzo Chigi», dicono all'Ansa «fonti qualificate» del Movimento. Le stesse fonti parlano di «difficoltà di proseguire in un quadro di maggioranza di governo che senza Draghi difficilmente potrebbe reggere». «Ma soprattutto Conte - viene sottolineato - così come Letta e Speranza, si sarebbero confrontati sulla contrarietà della stragrande maggioranza dei loro gruppi alla soluzione Draghi al Colle».

È subito psicodramma. I parlamentari respingono le accuse di «fuga in avanti» e tirano in ballo Rocco Casalino, ex portavoce di Conte a Palazzo Chigi. Lo spin doctor da giorni è al centro delle accuse del gruppo di Palazzo Madama, che vorrebbe più autonomia nei rapporti con i media. Ma i beninformati parlano di una frattura che si è consumata anche tra i vertici dello staff comunicazione e alcuni esponenti vicini all'ex premier, come il capo delegazione del M5s al governo Stefano Patuanelli.

Se i parlamentari allibiti parlano di «leggerezza» e di «errore» da parte di Casalino, i contiani cercano altrove il colpevole dello spiffero sussurrato alle agenzie. Come anticipato lunedì dal Giornale, è intenso il pressing di deputati e senatori affinché Conte sgomberi la strada dalle ambiguità sulla permanenza del premier al governo. «Deve dire chiaramente che Draghi deve restare a Chigi», è la richiesta. Che sembrava essere stata accontentata dalle informazioni trapelate inizialmente. Poi il testacoda. «Fonti di primo piano» smentiscono le «fonti qualificate» che avevano blindato a Palazzo Chigi l'ex governatore della Bce. Nella colazione di lavoro a casa di Conte «non è stato fatto alcun nome ma si è parlato di strategia, di come affrontare le prime votazioni». «Il nome del premier sta circolando solo tra i parlamentari», è la smentita - o la correzione di rotta - delle frasi fatte filtrare poco prima. Preoccupato dall'isteria dei parlamentari, Conte va alla Farnesina. Di Maio si veste da consigliere e suggerisce al leader di non farsi trascinare nel gioco dei nomi, di tenere la bussola sul prosieguo della legislatura «per evitare di bloccare il Paese». «Draghi va preservato dai tatticismi» ripete Di Maio e «il M5s deve rimanere compatto, dimostrando centralità».

Così in serata Conte prova a chiudere la giornata in modo politicamente dignitoso e dice al Tg3 «va garantita una continuità all'azione di governo» ma «nessun veto» neppure su Draghi.

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