A Conte non tornano i conti. Ma a pagare sono gli italiani

Rischio aumenti selettivi dell'Iva, cresce l'ossessione della lotta al contante. E Di Maio non molla sul reddito

A Conte non tornano i conti. Ma a pagare sono gli italiani

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, sono dinanzi a un vicolo cieco che si chiama Nadef, ossia la Nota di aggiornamento al Def che, in teoria, si sarebbe dovuta presentare oggi, ma che in realtà vedrà la luce solo lunedì perché grande è la confusione sotto il cielo. Non si tratta solo di trovare un punto di caduta sul quadro macroeconomico in modo tale da costruire la «scocca» sulla quale poggiare tutta la manovra 2020, ma anche di trovare un accordo politico tra Pd e M5s che in materia di politica fiscale ha idee totalmente divergenti. A pagare, comunque, saranno sempre e solo i contribuenti: sia che si realizzi il progetto piddino, che guarda con più favore al taglio delle tax expenditure, cioè degli sconti fiscali, sia che, invece, prevalgano i pentastellati, più favorevoli a un aumento selettivo delle aliquote Iva.

Nel Consiglio dei ministri di ieri che, però, non ha affrontato l'argomento sono già venuti a galla i primi malumori tra i due soci dell'esecutivo. Tutto nasce dall'impossibilità di alzare l'asticella del deficit/Pil verso quota 2,5-2,6% visto che la ridefinizione degli indicatori 2018 ha portato Eurostat a certificare un debito/Pil monstre del 134,8 per cento. Il deficit dell'anno prossimo, pertanto, non potrà discostarsi troppo dal 2-2,1 per cento. «La manovra poggerà su due pilastri: evitare l'aumento Iva e ridurre il cuneo, insieme a una presa di posizione per famiglie e nuovi nati, con gli asili nido», ha detto ieri il sottosegretario dell'Economia Alessio Villarosa. Questo menu costa circa 30 miliardi dei quali 23,1 miliardi destinati a evitare le clausole di salvaguardia.

Dall'Europa ci si aspetta la solita flessibilità. La speranza è che sia consentito uno 0,6% del Pil cioè 10 miliardi all'incirca, mentre altri 5 miliardi dovrebbero arrivare dai risparmi su quota 100 e reddito di cittadinanza uniti alla minore spesa per interessi sul debito determinatasi con il calo dello spread. Restano da trovare 15 miliardi di maggiori entrate. Come fare? Il Pd sembra maggiormente intenzionato a perseguire la strada della spending review, anche sotto forma di taglio di alcune tax expenditure, inclusa anche l'ipotesi (citata nei giorni scorsi dal Giornale) di abbassare di un punto percentuale le detrazioni dal 19% al 18%, recuperando in questo modo 3 miliardi. Altri due miliardi si possono recuperare dallo stop alla flat tax al 20% per le partite Iva con fatturato tra 65 e 100mila euro che doveva partire dall'anno prossimo. Sempre di un aumento della pressione fiscale si tratta, ma gentile.

I Cinque stelle, invece, vorrebbero usare la scure. Pur confermando che quota 100 e reddito di cittadinanza resteranno in piedi, ieri il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha ribadito che «ci sarà un'importante lotta all'evasione con più fatturazione elettronica e i pagamenti digitali incentivati». Il che significa aprire la porta agli aumenti selettivi dell'Iva sotto forma, in alcuni casi, di sconti per chi utilizza la moneta elettronica rispetto al contante. Con il Grande Fratello fiscale sguinzagliato e con l'Iva «a tasso variabile» si avrebbe minor necessità di trovare coperture ballerine e si potrebbe pensare alla grande.

In questo modo, però, si scaricherebbe sui consumatori l'effetto depressivo dell'incremento dell'aliquota. Con un Pil 2020, visto nel migliore dei casi al +0,6%, questo potrebbe significare un altro anno di crescita vicina allo zero.

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