Continua la fuga dal Pd di Renzi Dopo Fassina presto altri addii

Con l'ex viceministro lascia anche la deputata Gregori. Guerini: spero che nessuno lo segua. Mineo e Tocci pronti ad andarsene

Continua la fuga dal Pd di Renzi Dopo Fassina presto altri addii

Roma - Capelli dritti, la tovaglia che vola, i fogli per terra, le macchine che passano sullo sfondo, il vento che si porta via le parole. Stefano Fassina ha tagliato i ponti così, senza giornalisti e senza riflettori, durante un dibattito serale con i militanti di Capannelle, andando forse oltre le intenzioni e i tempi scelti. Ma il dado è tratto, agli smartphone non si sfugge e quindi, dopo una mattinata di smentite e mezzi annunci, eccolo alla Camera commosso a formalizzare l'uscita. «Un passo doloroso, non c'erano le condizioni per continuare». Aspettando Mineo e Tocci, raggiungerà Civati e Cofferati, con loro e con Sel metterà in piedi «un progetto alternativo». E Matteo Renzi continua a perdere pezzi.

La decisione non è una sorpresa, Fassina era in bilico da un anno. «Lo sapevo - dice Pier Luigi Bersani - la cosa non mi giunge nuova, e mi spiace molto: oggi il Pd è un po' più povero. Ora mi auguro che non facciamo spallucce». Matteo Orfini parla di «fatto triste» ma quanto alla linea dsi sinistra ricorda che «lui è stato viceministro di un governo con Berlusconi». Lorenzo Guerini si dichiara «personalmente dispiaciuto» per la scelta e ora teme emorragie. «Mi sembrano avventure velleitarie - commenta il vicesegretario - cui guardiamo con rispetto ma che non condividiamo. Spero che Stefano non sia seguito da altri, questo è un grande partito che rappresenta sensibilità diverse, dove è possibile confrontarsi».

Fassina non è per niente d'accordo. «Il Pd non è più l'interlocutore per portare avanti le battaglie di sinistra. Si è riposizionato anche in termini di interessi che vuole rappresentare. Noi asfaltati? Ce ne andiamo per questo? No, siamo più vivi che mai, pronti a costruire alternative a questa roba che stanno facendo». Parole dure, di chiusura definitiva. E dice noi, perché accanto a lui è seduta la deputata Monica Gregori. In sospeso c'è anche Michela Marzano, la filosofa eletta da Bersani. Poi il duo Tocci-Mineo, che prima di abbandonare il Pd vogliono combattere dall'interno, dalla commissione Cultura del Senato, la battaglia con la Buona Scuola. Corradino Mineo ha già un piede e mezzo fuori. «Io la fiducia alla scuola non la voto. Se questo significa che mi cacciano dal partito va benissimo, nessun problema, Il vero tema è la costruzione di un'alternativa».

Il sette luglio il disegno di legge arriverà alla Camera: intanto al Senato la situazione è esplosiva, oggi si voterà la fiducia. È proprio la riforma dell'istruzione renziana è stata la molla finale che ha spinto l'ex viceministro dell'Economia a lasciare il Pd. «Servivano quattro correzioni profonde - racconta - per migliorare il ddl e questo non è avvenuto. Si è messa la fiducia, si è chiusa ogni possibilità di dialogo e si è voluta fare l'ennesima forzatura, Ma la scuola è solo l'ultimo passaggio. Non abbiamo condiviso Jobs Act, le riforme costituzionali e la legge elettorale». Insomma, niente.

Ad ascoltarlo è arrivato Pippo Civati. «Non sapevo nulla». Però insieme stanno preparando un'iniziativa per il quattro luglio. «Ci saranno Sergio Cofferati e tanti amministratori e segretari di circoli che si sono sentiti abbandonati dal Pd».

Un «progetto ambizioso» che strizza l'occhio pure a Sel e alla coalizione sociale Maurizio Landini. Quanto tutto ciò si trasformi poi in voti è tutto da dimostrare. L'obiettivo? «Fare una sinistra di governo che si misuri con la crisi del socialismo europeo».

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