Convertiti all'attacco. E in Italia ogni anno 4mila passano all'islam

Il Califfato è un faro per tanti. Il fenomeno del "ritorno all'Islam" si sta sviluppando

Convertiti all'attacco. E in Italia ogni anno 4mila passano all'islam

I terroristi che in 48 ore hanno sconvolto il Canada con attacchi individuali non devastanti, ma di grande impatto simbolico, sono entrambi convertiti all'Islam. E l'Italia non è immune dal pericolo di convertiti che potrebbero esplodere come bombe ad orologeria della guerra santa. Martin Rouleau, 25 anni, che martedì ha travolto e ucciso un militare canadese e ferito un altro, era un convertito. Dopo averlo ucciso la polizia ha trovato nel suo computer una serie di link alla propaganda in rete dello Stato Islamico in Siria ed Iraq.

Anche l'attentatore che ha sparato ad un soldato italo-canadese al monumento dei caduti e poi è riuscito incredibilmente ad entrare nel Parlamento aveva abbracciato la fede in Allah. Classe 1982, all'anagrafe risultava come Michael Joseph Hall con un passato di droga e furti. Da quando è diventato islamico si è fatto chiamare Michael Zehaf-Bibeau. Il primo cognome sarebbe del padre di origine libica andato a combattere contro il regime di Gheddafi. Lo stesso terrorista convertito, prima che gli venisse ritirato il passaporto, si era recato in Libia.

Nel nostro Paese il caso più famoso è quello del giovane jihadista genovese Giuliano Delnevo, diventato Ibrahim dopo aver abbracciato la fede islamica. Nel novembre 2012 è sbarcato in Siria dove è stato ucciso nell'agosto dello scorso anno da un cecchino. Il padre, dopo la sua morte, ha seguito la stessa strada della conversione. Su Facebook ha pubblicato di recente una foto del figlio con la barba islamica d'ordinanza ed una maglietta mimetica, che ha ottenuto diversi «mi piace» anche da convertiti italiani. Alcuni erano entrati in contatto con Giuliano/Ibrahim prima della sua partenza per la Siria.

Un altro caso eclatante che coinvolge l'Italia riguarda il convertito francese Raphael Gendron, morto a 38 anni vicino a Homs l'11 aprile 2013. Cinque anni prima era stato arrestato a Bari assieme all'imam radicale Bassam Ayachi. Gendron, nel carcere di massima sicurezza sardo a Macomer, guidava la preghiera come un santone. Uno dei discepoli era un ex detenuto marocchino di Guantanamo. Secondo le guardie il gruppetto «quando sono morti sei soldati italiani in un attentato a Kabul, appena appresa la notizia dalla televisione si è messo a esultare urlando “Allah u akbar” (Dio è grande)». Gendron una volta rilasciato è partito per la Siria dove ha trovato la morte.

Il fenomeno del «ritorno all'Islam», come dicono i convertiti, si sta sviluppando. Nel 2012 erano già 70mila e aumentano ad un ritmo di circa 4mila l'anno. Inevitabile che con questi numeri possano saltare fuori delle mele marce. Molti convertiti sono sciiti, che odiano e combattono il Califfato, ma fra i sunniti ci sono alcuni vicini a chi parte per la Siria. Il 4 maggio un predicatore marocchino che ha vissuto a lungo nel Bellunese ha postato su Facebook una foto mentre guida la preghiera fra i monti di Agordo di «un fratello italiano e due bosniaci tra cui uno è morto». Il «caduto» era Isman Mesinovic, bosniaco di 38 anni partito dall'Italia per la Siria dove è stato ucciso in battaglia lo scorso gennaio. Nella stessa fila rivolta alla Mecca, in maglietta nera e barbone islamico, c'è il convertito F. Abdessalam Pierobon.

Su Facebook convertiti di vecchia data o più recenti hanno postato il vessillo nero dello Stato islamico. Mai fatto male ad una mosca, ma sono convinti che «non bisogna aver paura dell'Isis.

Si tratta di un movimento di liberazione dalla dittatura sanguinaria in Siria che per forza di cose si è propagato in Iraq. I giovani che partono dall'Europa ed in misura minore dall'Italia, perché siamo ancora troppo provinciali, sono come i partigiani che hanno combattuto sotto il tallone del nazismo».

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