Roma - Matteo Renzi spacca il «suo» Pd sulla materia che, in teoria, avrebbe dovuto procurargli meno grattacapi. Eppure le cose stanno proprio così. Martedì scorso l'ex premier ha interloquito con il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, per fare il punto dell'attività parlamentare. Le indicazioni sul ddl Concorrenza non si sono discostate dalle previsioni della vigilia. Il segretario è favorevole a una riapertura del testo, approvato con fiducia al Senato dopo un dibattito di un anno e mezzo a Palazzo Madama. Se venisse modificato a Montecitorio, però, dovrebbe tornare alla Camera alta per la quarta lettura e, visto che la legislatura non ha più molto da vivere, questo significherebbe affossare definitivamente il provvedimento.
I punti sui quali Renzi vuole ridiscutere tutto sono nell'ordine: la normativa sul telemarketing che consente alle società di contattare telefonicamente i clienti nonostante l'iscrizione al registro delle opposizioni, la fine del mercato tutelato dell'elettricità nel 2019 con i clienti che non hanno esercitato l'opzione per il mercato libero messi direttamente all'asta tra gli operatori più piccoli e, infine, l'apertura del capitale delle farmacie ad azionisti di minoranza privati. Il leader del Pd, inoltre, non gradisce che il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, possa ascriversi il successo politico di aver fatto passare un provvedimento che porta il suo nome (è chiamato anche ddl Calenda) e che nominalmente apre il mercato, sebbene il presidente dell'Antitrust, Giovanni Pitruzzella, lo ritenga largamente depotenziato rispetto alle aspettative iniziali.
È accaduto così che in privato alcuni esponenti liberal del Pd si siano lamentati dell'alzata d'ingegno del segretario che vanifica un lavoro che va avanti da anni e che il ministro dell'Economia Padoan si è rivenduto a Bruxelles come un provvedimento di riforma per strappare un po' di flessibilità in vista di una manovra lacrime e sangue. Renzi, tutto proiettato sulla prossima contesa elettorale, non vuole però essere oggetto dei malumori di coloro che saranno colpiti negativamente dal ddl, cioè i consumatori che si troveranno a che fare con bollette più care (il mercato libero ha prezzi più elevati di quello tutelato) e con lo «stalking» dei call center, senza contare i malumori delle varie categorie a partire dai parafarmacisti che si sentono minacciati dal rafforzamento patrimoniale delle farmacie tradizionali.
Per i liberal del Pd quello di Renzi è un autogol sotto diversi punti di vista: il segretario rinuncia al suo profilo riformista e si mette al traino dei conservatori grillini e bersaniani senza esser certo di recuperare consenso.
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