Gian Maria De FrancescoRoma Renzi festeggia l'aumento dei posti di lavoro, gli italiani pagano il conto. L'Osservatorio sul precariato dell'Inps ha messo in evidenza che nel 2015 si sono registrati 764mila posti stabili in più. È il saldo tra gli oltre 2,4 milioni di assunzioni a tempo indeterminato (il dato comprende le trasformazioni di rapporti a termine e gli apprendisti) a fronte di 1,68 milioni di cessazioni. Per il presidente del Consiglio e i suoi adepti, questo è sostanzialmente merito del Jobs Act cui sicuramente va dato atto di aver rimesso in moto un mercato stagnante. E, purtuttavia, se si guarda alla differenza tra assunzioni e cessazioni (+606mila unità) già si perde qualche pezzo per strada. Senza contare, come osserva Brunetta (Fi) che i dati da considerare sono quelli Istat (+109mila posti)Oltretutto la pubblicistica filogovernativa trascura un dettaglio significativo: nel 2015 1,44 milioni di lavoratori, il 61% del totale, sono stati assunti a tempo indeterminato grazie agli sgravi contributivi. A dicembre, ultimo mese di decontribuzione totale (nel 2016 il bonus è stato tagliato), si è registrato un boom con circa 182mila assunzioni. A raffreddare questi entusiasmi è giunta, puntuale, la nota di commento dell'Adapt, l'associazione di studio fondata da Marco Biagi. «I costi previsti nel triennio sono superiori di circa 3,15 miliardi a quanto previsto dalla legge di Stabilità 2015». Insomma, c'è una buona fetta di esoneri contributivi che non sono stati spesati nel bilancio dello Stato. L'entità media dell'esonero (stimata dalla Ragioneria del ministero del Lavoro nella metà del massimo previsto dalla legge) è di 4.215 euro applicata agli 1,4 milioni di beneficiari implicano un costo della misura per il 2015 di 6,08 miliardi, a fronte di una copertura totale prevista per lo stesso anno di 1,886 miliardi. Per gli anni successivi gli stanziamenti sono stati aumentati, ma - come osservato - mancano sempre all'appello 3,15 miliardi in quanto la spesa nel triennio è di 18,24 miliardi a fronte di 15,09 miliardi di disponibilità. Se si considerano i contratti netti (escluse le trasformazioni), ossia 186.048 contratti, conclude l'associazione, «si può notare come con le coperture previste per il solo 2015 (1,886 miliardi) ogni nuovo contratto sia costato circa 10mila euro».Ma anche se gli italiani saranno chiamati a coprire questo buco, si può affermare che ne sia valsa la pena? Non sempre la risposta può essere affermativa. Poiché al Giornale sono arrivate molte segnalazioni di abusi, storie tristi vissute sulla propria pelle da persone in cerca di un'occupazione. Come M.B., assunta nello scorso mese di ottobre con il contratto a tutele crescenti e poi licenziata durante il periodo di prova. Nel suo caso l'azienda ha potuto usufruire dell'esonero contributivo. La lavoratrice, però, diventa meno appetibile per altre aziende.
La circolare applicativa dell'Inps, infatti, prevedeva un intervallo di 6 mesi tra un lavoro e l'altro per tornare a beneficiare del bonus con il termine inderogabile del 31 dicembre scorso. Per un dipendente licenziato a fine ottobre, ovviamente, la questione era improponibile. Se ne riparlerà quest'anno ma a condizioni molto, molto meno vantaggiose.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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