Cresce il nervosismo elettorale M5s: nel Mezzogiorno la misura non sfonda

Grillini nel panico in vista delle Europee, flop nel Sud del «Dignità tour» di Paragone

Cresce il nervosismo elettorale M5s: nel Mezzogiorno la misura non sfonda

Affrontare il tema, per gli esponenti del M5s, è come passare attraverso un campo minato. Per il momento, resta un «non detto» dietro le poco convinte dichiarazioni di «soddisfazione» pronunciate da Luigi Di Maio.

Ma i pentastellati, dai vertici fino all'ultimo consigliere comunale, sono delusi dal mancato boom del reddito di cittadinanza nelle regioni del Sud. Giovanna Ventura, presidente del Caf-Cisl, intervistata ieri da La Stampa ha esplicitato quello che i maggiorenti grillini stanno covando da qualche settimana: «Il dato del Sud, è vero, può essere sorprendente - ha detto -: da quel che si può capire tanti che svolgono un lavoro in nero, hanno avuto paura di presentare la domanda». Per quanto riguarda le cifre, il ministero del Lavoro, ha parlato di poco più di 853mila domande complessive. Da Nord a Sud, tra Caf, procedura online e Poste. Nel Mezzogiorno, invece, fa sobbalzare Di Maio e i suoi il dato della Calabria, secondo l'Istat la regione più povera d'Italia. I numeri ufficiali, in questo caso comprensivi soltanto di domande presentate online e agli uffici postali, parlano di 9mila e 753 richieste. Tant'è che, come sempre più spesso capita, è stato Beppe Grillo a buttarla lì, consentendo di interpretare gli umori dello stato maggiore grillino. «La Calabria è la regione che in assoluto ha fatto meno domande per il reddito di cittadinanza - ha scherzato il comico durante uno spettacolo a Catanzaro il 12 marzo -. E allora diciamolo: o lavorate tutti in nero o siete della n'drangheta».

Una riflessione condivisa, seppur con toni diversi, dai dirigenti del M5s. A quanto apprende Il Giornale, già da qualche settimana nelle chat interne locali di Calabria, Sicilia, Puglia e di alcune provincie della Campania come Avellino e Benevento, si è scatenato il panico. I ras del territorio, preoccupati, hanno fatto presente ai «portavoce» dei palazzi romani delle «poche file davanti ai Caf», nonostante il martellamento a suon di gazebo e volantini quasi in ogni Comune del Sud. Varie le scuse fornite dagli inquilini dei palazzi romani, tra cui quella di una parlamentare siciliana che ha confidato: «Siamo scesi a compromessi con la Lega, snaturando la nostra proposta originaria di reddito di cittadinanza». Nel mirino degli attivisti c'è la carenza di organizzazione e di scambio di informazioni tra il gruppo dirigente nazionale e le cellule locali. E a niente è servito l'invio, in extremis, del nuovo frontman Gianluigi Paragone con le poche tappe del suo «Dignità Tour». Anche per questo Di Maio ha spinto sull'acceleratore per le modifiche all'assetto organizzativo del Movimento, cambiamenti però ancora congelati.

L'ansia per il mezzo flop del cavallo di battaglia nasconde il terrore di essere «mangiati» alle Europee dalla Lega perfino in quel Mezzogiorno che ha portato in dote al M5s un immenso granaio di voti alle ultime Politiche.

Ed è da questa paura che potrebbe nascere, stando ai rumors di Palazzo, la guerriglia parlamentare sul tema dell'autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Una battaglia con il plusvalore di «collante interno» tra le varie anime dei Cinque Stelle.

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