Il "grande giorno" è sempre più vicino. Domani, con il discorso del premier Giuseppe Conte, in Senato si aprirà ufficialmente la crisi di governo e, al momento, le vie d'uscita più gettonate dal Corriere della Sera sono tre.
La prima prevede un ritorno alle urne. È la via maestra indicata da Matteo Salvini e che, visto l'ottimo risultato ottenuto alle Europee, potrebbe portare la Lega a raddoppiare i voti rispetto alle Politiche di un anno fa quando ottenne il 17,4%. Inizialmente questa era strada che voleva intraprendere anche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti che, spiazzato dal repentino cambio di rotta di Matteo Renzi e dal pressing dei big del partito, pare intenzionato (o meglio costretto) a cambiare idea. Il voto subito, infatti, darebbe la vittoria sia a una coalizione di centrodestra di nuovo unita sia a un governo esclusivamente sovranistra targato Lega-Fratelli d'Italia.
La seconda ipotesi è quella di un "governo istituzionale", proposto e sponsorizzato da Matteo Renzi. Un governo di breve durata che scongiuri l'aumento dell'Iva e il voto a ridosso della manovra finanziaria. Zingaretti preferirebbe, invece, dar vita a un esecutivo che duti per tutta la legislatura, così come suggerito dal fidato Goffredo Bettini e da figure di spicco come gli ex premier Romano Prodi ed Enrico Letta. Una prosepettiva sempre più concreta dopo l'apertura di Beppe Grillo e l'ufficializzazione della rottura con la Lega sancita nel corso del vertice di ieri tra i big del M5S.
Davanti alla prospettiva di un governo M5S-PD, ecco che si affaccia la terza ipotesi avanzata in questi giorni da Matteo Salvini e dai più autorevoli esponenti della Lega: un maxi-rimpasto e, presumibilmente, un nuovo contratto che preveda i sì richiesti dal leader del Carroccio.
Via i ministri indesideriderati come Toninelli e Trenta in cambio, magari, della "promozione" di Luigi Di Maio a premier. Uno scenario non escluso da alcuni parlamentari grillini che vedono come fumo negli occhi un'alleanza col Pd.
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