Dai fondi pensione ok alla riforma della Fornero

Padula (Covip): "La previdenza integrativa può aiutare la flessibilità dell'età pensionabile"

Dai fondi pensione ok alla riforma della Fornero

Roma - La promessa riforma della legge Fornero non preoccupa il numero uno della Commissione di vigilanza sui fondi pensione, Mario Padula. «Il settore della previdenza complementare - spiega al Giornale - ha già affrontato molti cambiamenti e, tra questi, c'è anche la Rita (acronimo di «rendita integrativa temporanea anticipata») che è diventata strutturale con la legge di Bilancio 2018». Si tratta, occorre ricordare, di un istituto che consente di lasciare il lavoro cinque anni prima dell'età pensionabile (tetto che sale a dieci per chi è disoccupato) ma solo se si hanno 20 anni di contribuzione e 5 anni di versamento al fondo. In questo modo si può beneficiare in anticipo di quanto accumulato con la propria pensione integrativa anziché accendere un finanziamento con l'Ape volontario.

Secondo Padula, l'apertura di maggiori spazi al pensionamento dei lavoratori non inciderà sui conti dei fondi pensione. «Bisogna ricordare - osserva - che il sistema della previdenza integrativa in Italia si è sviluppato solo da una decina d'anni e, quindi, la possibilità di utilizzarlo come leva per flessibilizzare l'età pensionabile è ancora contenuta». Ma, nel tempo, la previdenza privata potrà rappresentare un ulteriore strumento per la risoluzione di questo problema. «Un esempio classico - conclude il presidente della Covip - è quello del settore bancario: da decenni gli istituti di credito hanno strutturato fondi di previdenza complementare per i dipendenti e queste risorse sono state utilizzate anche per anticiparne il pensionamento», oltre a quelle già presenti nel fondo di solidarietà della categoria.

Il messaggio lanciato ieri da Padula al neoministro del Lavoro, Luigi Di Maio, durante la presentazione della Relazione annuale della Covip è finalizzato alla creazione di un grande sistema integrato del welfare. A questo proposito la Commissione ha chiesto che sia «valutata l'attribuzione della vigilanza a un'unica Autorità nei settori della previdenza complementare e della sanità integrativa».

La relazione, infatti, ha evidenziato che a fine 2017 gli iscritti alla previdenza complementare erano circa 7,6 milioni, in crescita del 6,1% rispetto all'anno precedente (679mila nuove adesioni). I rendimenti netti dei fondi pensione si sono attestati tra l'1,9% e il 3,3%, al di sopra della rivalutazione del Tfr (1,7%). Le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari al 31 dicembre scorso ammontavano a 162,3 miliardi di euro, in aumento del 7,3% sul 2016, pari al 9,5%del Pil. La relazione, tuttavia, spiega che il forte aumento delle iscrizioni si è infatti tradotto in un aumento modesto dei flussi contributivi: 1,8 milioni di iscritti (il 23,5% del totale) ha interrotto la contribuzione.

I contributi per singolo iscritto ammontano mediamente a 2.620 euro l'anno nel 2017. Ecco perché, ha concluso Padula, non bisogna lasciare i giovani «ai margini del sistema» visto che il loro tasso di partecipazione è solo del 19 per cento.

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