Roma - Prime crepe e primi dubbi sulla validità del Decreto dignità. I dati più freschi, e che in qualche modo possono essere messi in relazione con l'introduzione delle norme imposte dal Decreto per disincentivare l'abuso dei contratti a termine senza causale, sono quelli di agosto di quest'anno. Dati, a quanto riferisce il Foglio, portati all'attenzione di Di Maio e capaci di farlo sbiancare. La fonte è ovviamente l'Inps che registra un calo delle assunzioni a tempo determinato pari al 13 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno scorso (23mila assunzioni in meno). E la cosa è ancor più significativa se si pensa che nei sei mesi precedenti il segno era positivo. E si aggiunge al conto che lo stesso saldo totale delle assunzioni del mese di agosto (quindi comprensive di quelle a tempo indeterminato) è fortemente negativo (360mila circa contro le 400mila dello stesso mese del 2017). «Avevamo avvertito che sarebbe stata una disgrazia - commenta Giorgio Mulè di Forza Italia - e che avrebbe distrutto e non favorito la creazione di posti di lavoro. Anche tutti gli altri indicatori sono in caduta libera: a partire dai contratti attraverso le agenzie di collocamento (-17mila posti)». Si potrebbe quindi trarre la conclusione che il Decreto dignità abbia agito da deterrente psicologico per gli imprenditori e per le aziende che avevano continuato a produrre sfruttando al massimo le norme del Job Acts. Sembra che le aziende abbiano iniziato a fare a meno dei rapporti di lavoro più facili da chiudere evitando ovviamente di fare nuove assunzioni con i nuovi parametri. Ecco perché gli stessi imprenditori chiedono a gran voce di rivedere le griglie del decreto ritenendo pesante e poco praticabile la forca caudina della «causale» nei contratti a tempo (che ora con il Decreto dignità non possono superare i 24 mesi a fronte dei 36 di prima). Sulla questione interviene il ministro del Mezzogiorno, Barbara Lezzi (M5s). «Abbiamo sanato delle distorsioni e non intendiamo tornare indietro». «È inutile parlare di quota cento - osserva la Lezzi - se poi applichiamo contratti di pochi mesi, perché di questo passo questi lavoratori non arriveranno mai a ottenere i requisiti per la pensione». Il tratto saliente della norma come superamento del Jobs act è proprio la «causale». Il decreto, infatti, prevede un elenco tassativo di causali per giustificare l'assunzione a tempo determinato: possono derivare dall'esigenza di sostituire altri lavoratori, oppure ci possono essere esigenze connesse a incrementi temporanei del carico di lavoro, significativi e non programmabili. Insomma l'assunzione a tempo determinato non può rendersi necessaria per coprire il lavoro ordinario dell'azienda.
Questa norma, lamentano i sindacati, non aiuterà a creare nuovi posti di lavoro. Semmai ad aprire un numero maggiore di partite Iva e finirà per assumere soltanto con il fisiologico turnover aziendale. Senza quindi allargare l'occupazione.
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