Il decreto Dignità è diventato legge. Il Senato ieri ha approvato definitivamente il testo con 155 voti favorevoli, 125 contrari e 1 astenuto. La votazione finale è stata contraddistinta dalla consueta gazzarra con i grillini da una parte a festeggiare e l'opposizione del Pd, dall'altra, a rumoreggiare esponendo cartelli che ricordavano gli 80mila posti di lavoro che si perderanno con le nuove norme sui contratti a tempo indeterminato. Una situazione che il presidente Elisabetta Alberti Casellati ha stigmatizzato. «Questo non è un asilo», ha detto.
Il principale contenuto politico è la netta affermazione delle tesi Cinque stelle su parecchi versanti della sfera economica. Una preponderanza che sta inducendo il vicepremier leghista Matteo Salvini a esporsi sempre meno su questo fronte. Tant'è vero che oggi al vertice di maggioranza sulla prossima manovra e al successivo Consiglio dei ministri il numero uno del Carroccio sarà assente e si farà rappresentare dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Giancarlo Giorgetti. Un modo come un altro per dissociarsi senza dare nell'occhio.
Vale la pena, tuttavia, ricordare i contenuti del provvedimento che è un decreto omnibus riguardante vari ambiti. In primo luogo, c'è la stretta sui contratti a termine la cui durata massima viene ridotta da 36 a 24 mesi con obbligo di causale a partire dal primo rinnovo e contestuale aumento dello 0,5% dei contributi previdenziali a ogni prosecuzione del rapporto. Le nuove regole saranno in vigore dal primo novembre (fino al 31 ottobre vale l'attuale regime). Viene fissato il tetto massimo del 30% della manodopera per i contratti a termine (inclusi i lavoratori in somministrazione), mentre ritornano i voucher in agricoltura e turismo per under 25, disoccupati e anziani. Introdotte sanzioni per le imprese che delocalizzano (da 2 a 4 volte gli aiuti di Stato ricevuti) e previsto il divieto di pubblicità del gioco d'azzardo con obbligo di tessera sanitaria per l'utilizzo delle videoslot. Su terminali e gratta e vinci comparirà la scritta «nuoce gravemente alla salute» come per le sigarette.
«Cittadini 1 - Sistema 0», ha commentato Luigi Di Maio evidenziando che «dopo decine di anni è stato approvato il primo decreto non scritto da potentati economici e lobby». Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia, ha attaccato: «Questo è il governo dei no e noi ci batteremo fino allo spasimo per non essere travolti da questa deriva». L'ex segretario Pd, Matteo Renzi, ha rilevato che il vero nome del provvedimento è «decreto Disoccupazione perché con queste norme avremo 80mila disoccupati in più».
Solo in serata Salvini ha preso posizione. «Multe salate alle multinazionali che licenziano in Italia, soldi agli imprenditori che assumono a tempo indeterminato, reintroduzione dei voucher.
Più che soddisfatti», ha dichiarato elencando solo i temi sensibili per la Lega e omettendo che la decontribuzione sarà oggetto di trattativa nella manovra. Se non si trattasse di persona determinata, si direbbe che Salvini è in fortissimo imbarazzo. E l'assenza di oggi al vertice lo conferma.
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