Il dilemma della Thailandia: soccorsi subito o attendere

La minaccia monsoni, la paura degli intrappolati, zero garanzie di farcela. E il miracolo rischia di farsi incubo

Il dilemma della Thailandia: soccorsi subito o attendere

Siamo sempre in bilico. Ogni momento è buono per tentare la sorte, ma nessuno si azzarda a uscire. Calcoli complicati. Ragionamenti. Ipotesi che si sfidano. La paura che il miracolo già afferrato sfugga via come la più viscida delle saponette. I monsoni, con il loro carico di piogge torrenziali, potrebbero dare un calcio alla favola appena ricomposta. E la task force passa da una riunione all'altra per cercare l'ispirazione giusta dentro un'emergenza biblica. Accelerare o aspettare? Ma quanto e poi in quel contesto cosi difficile, estremo, con il rischio sempre imminente di nuove inondazioni. C'è un chilometro e mezzo da percorrere quasi all'asciutto, grazie al lavoro incessante delle pompe. Poi, fino alla luce, ci sono due chilometri da togliere il fiato. Nel buio più oscuro, fra strettoie, cunicoli, trappole. Corridoi dove l'acqua arriva al soffitto. E la prospettiva di dover andare avanti per ore e ore, fino alla meta, senza la possibilità di fare soste in quell'acquario melmoso. Ci sono i sub, ci sono i medici e i soldati, ci sono pure le maschere speciali mandate dagli svedesi per facilitare la respirazione, c'è un apparato tecnologico portentoso, ma alla fine il ritorno assomiglia ad una roulette russa. Come la giri, i rischi restano. E l'affanno non cancella l'inquietudine. I dodici ragazzini hanno cominciato le prove di immersione. Ma è difficile capire quanto il training possa andare avanti e con che risultati. Certo, i baby calciatori sono stati rimessi in piedi, nutriti, confortati e rassicurati, ma nessuno sarebbe pronto, in teoria, per affrontare una traversata del genere.

Un video mandato dalle profondità della terra mostra i miniatleti dentro le tute argentate isotermiche. Mostrano facce tutto sommato rilassate, sorridono, parlano, ascoltano gli adulti che dispensano qualche consiglio. Davvero sembra che i fanciulli abbiano raggiunto una maturità sorprendente. E non è un'illusione ottica: l'Australian ha svelato che l'allenatore, un giovane di soli 25 anni, là sotto non ha perso tempo, anzi ha insegnato ai suoi allievi le tecniche di meditazione apprese in un monastero buddista dove l'avevano spedito da bambino, alla morte dei genitori e del fratello. Arti due volte preziose: perchè portano a una calma sovrumana e perchè permettono il risparmio di energie vitali. I giovani meditavano anche nel momento in cui sono stati avvistati. Ma con l'ascesi non si risale in superficie. Si stende semmai un velo di normalità su un abisso senza fondo.

E allora le discussioni riprendono: restare o partire, con l'aiuto dei sommozzatori e della fortuna. Perfino Elon Musk, l'amministratore delegato di Tesla, l'uomo con un piede nel futuro, si è detto pronto a dare il proprio contributo. Mettendo a disposizione dei soccorritori, arrivati da mezzo mondo, le sue tecnologie più sofisticate e innovative. In particolare quelle per la realizzazione di tunnel e gallerie.

C'è alle porte della caverna un clima di collaborazione internazionale che colpisce, come l'eroismo dei due sub britannici che sul limite estremo delle loro forze hanno trovato il gruppo disperso. Qualcosa che per noi italiani rimanda irresistibilmente all'epopea grandiosa e dolorosa della Tenda Rossa, l'abnegazione e il coraggio dei norvegesi e dei russi per salvare Nobile e il suo equipaggio fra i ghiacci del Polo. Fu una tragedia, ma alleggerita da alcuni salvataggi miracolosi.

Novant'anni fa il destino spingeva inesorabile i protagonisti del dramma, fra marce, ricognizioni, avvistamenti, colpi di scena. Qui, dopo il primo round prodigioso, qualcuno deve prendersi la responsabilità di lanciare i dadi.

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