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La diretta dalla piazza del Quirinale

MilanoC'era una grande ipoteca sulla mega celebrazione, «fortemente voluta della Rai», sulla prima rete del servizio pubblico per «una grande possibilità di ricordo», come annunciato nell'ouverture da Fabio Fazio. C'era un enorme rischio incombente sul «Compleanno della Libertà», come testimoniano le parole dell'incipit di «Viva il 25 aprile!» col punto esclamativo. Un rischio di enfasi, di retorica, di toni accorati e grondanti. Fazio, Margherita Buy, Ligabue e via via tutti gli altri: «Adesso, settant'anni fa»; «Domani mattina, settant'anni fa»... In un gioco di andirivieni, di presente-passato e passato-presente, nello sforzo di attualizzare il passato, di catapultarlo nell'oggi, rimablzando da una piazza all'altra del Paese. Dal Quirinale a Montecassino, a Sant'Anna di Stazzema, nella pretesa unificante, fondante, collettiva, di una Resistenza monocorde e monocolore. Con le facce serie, comprese, compunte, degli attori che sfilano davanti alle targhe della memoria, dei massacri e delle morti, con Sandro Pertini simbolo dell'Italia partigiana che vorrebbe rappresentare tutti. Più vissuto, non di circostanza, il ricordo di Christian De Sica del set di «La porta del cielo», diretto dal padre e gli ebrei nascosti in chiesa... Si alternano momenti profondi e altri più leggeri: attori, storici, monologhisti, cantanti e rocker. Come in un Festival della Resistenza, con Fazio gran cerimoniere su Raiuno come al Festival della Canzone. Ma con quel rischio insidioso. Più alta è la pretesa, l'ambizione unificante, più mortale si profila la trappola. Come quando Roberto Saviano, reduce da «Amici» di Maria De Filippi, ci racconta la battaglia di Montecassino: Stalin, Churchill, l'armata dei polacchi e il generale Anders. Con un balzo si passa a «Solo me ne vo per la città», ben reinterpretata dai Negramaro. Si torna nella piazza del Quirinale che, a proposito di pedagogia civile, «è la porta di casa della nostra Repubblica», assicura Fazio. Il tutto fino a quando a fine serata l'inquilino del Palazzo si unisce alla festa per ascoltare l'inno nazionale. In collegamento da Varsavia la drammatica lettera di Pino, condannato a morte a San Sabba, indirizzata alla sua amata (letta da Toni Servillo). Ligabue con la nenia monocorde de 'I campi di aprile', Ivano Fossati e la liberazione di Genova, uno dei pochi a non leggere il testo sul gobbo. Come fa Beppe Fiorello, ricordando Gino Bartali, Giusto tra le Nazioni, sulle note di Paolo Conte. Se c'è un salto di trenta-quarant'anni tra i commemoranti e l'evento commemorato, non c'è da stupirsi se ci si àncora al copione scritto, a scanso di gaffe. Almeno Pif scova qualche arzillo ultraottantenne, testimone dell'epoca... Quando Fazio legge un brano di «Se questo è un uomo» per lanciare una tiepida «Rosamunda» cantata da Carmen Consoli, il pubblico applaude sommesso. Ma «adesso vi chiedo di stare uniti tutti insieme», esorta ancora Fazio. Tocca a Marco Paolini ricordare l'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, estate del '44... La commemorazione avanza, si spera nell'arrivo di Mattarella. In basso a sinistra, sullo schermo, l'hashtag della serata è #ilcoraggiodi. Ma i tweet sono sporadici. La retorica non contagia..

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