Via le donne nude dalle pubblicità? Lasciateci Banderas

Marino vieta le pubblicità che sfruttano il corpo delle donne. Ma così offende la loro capacità di fare scelte libere e indipendenti. E perché per gli uomini non vale?

La pubblicità dei jeans Jesus
La pubblicità dei jeans Jesus

«Bravo Ignazio, siamo fiere di te», il sindaco di Roma poteva sentirselo dire soltanto da Laura Boldrini. La terza carica dello Stato appare quasi commossa quando Marino presenta Alessandra Cattoi in qualità di «assessora» alle Pari opportunità. Ma com'è sensibile questo Marino. Peccato che sul palco il sindaco, eccitato da un tale riconoscimento, citi la «presidentessa» Boldrini la quale, seduta in prima fila, prontamente lo bacchetta: «Eh, no, si dice presidenta». La sintonia tra i due, Boldrini&Marino, non è soltanto linguistica: alla presenza dell'inquilina di Montecitorio, il primo cittadino coglie l'occasione per ricordare la crociata capitolina contro la «pubblicità sessista». C'è da festeggiare l'entrata in vigore della delibera romana approvata lo scorso luglio che limita la vendita degli spazi pubblicitari del Comune alle aziende che non propongano la «donna-oggetto». Basta schiene nude, seni al vento e gambe mozzafiato. «Certe pubblicità - rincara la Boldrini - che noi consideriamo normali con le donne che stanno ai fornelli e tutti gli altri sul divano, danno invece un'immagine della donna che non è normale e non corrisponde alla realtà delle famiglie».

Viene anzitutto da chiedersi se la pubblicità con un uomo che spignatta non risulti ugualmente sessista secondo i canoni boldriniani. E poi, lo diciamo una volta per tutte, giù le mani da Antonio Banderas: i sex symbol catapultati nel ruolo di mugnai che parlano con le galline sono per le massaie un tradimento peggiore di quello coniugale. L'immaginario erotico femminile conta non meno di quello maschile. E la natura ci ha reso così, maschi e femmine, con un corollario d'impulsi e passioni sessuali che nessun legislatore potrà mai abolire per decreto. Le donne, quelle che non soffrono di complessi d'inferiorità, non si sentono certo sminuite o vilipese per il contributo nei lavori domestici. In che mondo vivono Boldrini&Marino? Nel nostro, dove i creativi e gli esperti di marketing non vanno a lezione di sessualmente corretto, la pubblicità trabocca di maschia nudità, di modelli depilati con sopracciglia ben definite e lineamenti efebici. Qualcuno grida forse al «maschio oggetto»? Quella dell'oggettificazione femminile in un sistema fallocentrico, a uso e consumo del maschio, è una balla colossale. Sarebbero forse «donne oggetto» le ragazze che scelgono di lavorare nel mondo della moda e dello spettacolo? Per paradosso, sono le donne-paladine-delle-donne a trasformare in oggetto la donna cui non è riconosciuta la capacità di autodeterminare la propria vita professionale. La ragazza che posa per un marchio di costumi da bagno si dedica al mestiere che ha scelto come soggetto adulto e consapevole. È giusto privarla della sua soggettività solo perché non corrisponde allo stereotipo boldriniano?

La verità è che la crociata capitolina contro la «donna oggetto» serve a riempire di morale il vuoto politico. Si fa la morale per non fare politica. Si pretende di affermarsi per quel che si è (o si presume di essere) anziché per quel che si fa.

Per trovare una ragione a un ruolo piovuto dal cielo, Marino celebra matrimoni gay e madonna Boldrini, dal primo giorno del suo insediamento, ci ricorda incessantemente che lei è donna. Contenti voi... ma giù le mani da Antonio Banderas.

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