Fuori, sulla piazza infuocata, la protesta dei movimenti per la casa. Dentro, nell'ufficio della Raggi, c'è Beppe Grillo di ghiaccio vestito in visita pastorale che non resiste alla tentazione di affacciarsi dalla terrazza panoramica a picco sui Fori e dare un'occhiata ai suoi nuovi domini. Se la prende con i giornalisti: «Non avete capito che cos'è il Movimento, non avete capito dove stiamo andando». Intanto quello non si è capito bene è come il sindaco intende affrontare la prima grossa grana della sua giunta nuova di zecca, il doppio incarico di Marcello Minenna, assessore al Bilancio e anche alto dirigente della Consob. Un pasticcio tecnico-procedurale ma soprattutto d'immagine: che fine ha fatto la diversità?
Fosse per lui, Minenna, il caso sarebbe già risolto con la rinuncia all'indennità del Campidoglio, ottomila euro. «Non ci sono problemi, né incompatibilità. É una facoltà prevista dalla legge e non c'é nessuno doppio stipendio». Resta però la doppia veste, che è quella che ha provocato le polemiche e tre interrogazioni parlamentari, due del Pd e una di Ncd. Al di là della questione dei soldi, rimarrebbe infatti un possibile conflitto di interessi. Marcello Minenna, direttore dell'ufficio Analisi quantitative e innovazione finanziaria della Consob, si troverebbe nella doppia funzione di controllato e controllore: da assessore Minenna sarà chiamato a vigilare su una società quotata come Acea e a decidere sull'emissione di obbligazioni comunali.
Massimo Mucchetti, senatore della minoranza Pd, chiede ufficialmente ai ministri Padoan e Madia «quali interventi intendano adottare per rimuoverlo, dal momento che Minenna potrebbe non voler andare in aspettativa da Consob». E Ignazio Cozzoli, capogruppo dei Conservatori e riformisti (fittiani) sostiene che «Roma, con tutto quello che c'è da fare, non si può permettere assessori part-time». E Giovanni Barbera, Rifondazione: « Si decida».
La soluzione sarebbe, appunto, l'aspettativa. Nelle prossime ore si vedrà se Minenna sceglierà questa strada, o se sarà il direttorio di M5S a spingerlo a mettersi in temporanea quiescenza. Non è soltanto una questione di leggi e di regolamenti, ma di opportunità politica. Virginia Raggi ha già faticato parecchio per mettere insieme la sua giunta: lotta di correnti interne, bracci di ferro tra i big del movimento, rinunce eccellenti. Minenna, in punta di diritto, magari avrà pure ragione a tenersi il doppio incarico. A segnalarlo per la prima volta era stata Milena Gabanelli, la giornalista che i Cinque Stelle volevano al Quirinale: «Tecnico esperto e difensore dei diritti dei cittadini. Pure il commissario straordinario Francesco Paolo Tronca aveva messo una buona parola: «In questi mesi ha dato un fondamentale contributo di solida professionalità». Dunque sarà bravissimo, però i grillini, che hanno fatto della purezza e della novità, la loro cifra distintiva, possono sopportare un altro strappo?
Grillo e Raggi ne parlano brevemente durante il loro incontro nel Palazzo Senatorio. É la prima volta che il leader sui fa vedere in Campidoglio dopo le elezioni. Un vertice? Macché, rispondono da M5S, semmai un'improvvisata. «E venuto per farci un in bocca a lupo e congratularsi con noi, felice di vederci qui - racconta il presidente dell'assemblea capitolina Marcello De Vito- . Nessuno sapeva che sarebbe arrivato, nemmeno Virginia. Ha salutato tutti e si è guardato un po' intorno. S'è affacciato sui Fori e ha detto: Roma del resto è tanta roba». Pacche sulle spalle, risate, una bicchierata.
Resta due ore. Quando se ne va, Grillo non ha voglia di parlare. «Virginia è fantastica, tutto è bellissimo», dice prima di rinfilarsi nel taxi e tornare all'hotel Forum. Nel pomeriggio l'annuncio della Raggi: «Incontrerò Renzi».
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