Il dottore che lo operò la prima volta nel 2017: "Il sintomo fu un ittero"

Il professor Zerbi: "Tumore aggressivo: solo il 3% di chi si ammala sopravvive dieci anni"

Il dottore che lo operò la prima volta nel 2017: "Il sintomo fu un ittero"

Quando te ne accorgi sei già in ritardo. Ti viene un diabete senza aver mai mangiato un dolce, oppure perdi peso senza aver fatto dieta. Oppure, com'è accaduto a Gianluca Vialli, diventi giallo.

«Gianluca era arrivato alla diagnosi per la comparsa di un ittero» ricorda Alessandro Zerbi, responsabile dell'Unità operativa di chirurgia pancreatica dell'Humanitas di Milano, che ha operato il calciatore nel 2017. In generale, però, si può intervenire chirurgicamente solo due o tre casi ogni dieci, ma il pericolo delle micro metastasi è sempre in agguato. E l'aspettativa di vita dopo un intervento al pancreas resto comunque un pugno di giorni, mediamente tre anni. La malattia è attualmente la quarta causa di morte nelle donne e la sesta negli uomini, con una sopravvivenza a 5 anni di appena l'8% e solo il 3% di chi si ammala riesce a sopravvivere 10 anni.

È dunque un tumore molto aggressivo. Se ne parla poco ma ogni anno in Italia a quattordicimila persone viene comunicata una diagnosi così infausta.

Colpisce soprattutto terza età, dai 60 agli 80, obesità e fumo aumentano il rischio di ammalarsi. Ma ci sono eccezioni, come la cronaca di ieri insegna. E solo quando ne viene travolto un volto amato dal pubblico com'è stato Gianluca Vialli, il tumore cattivo diventa notizia.

Prima di lui altri grandi se ne sono andati per lo stesso male. Lo scrittore Dino Buzzati, il tenore Luciano Pavarotti, il fondatore di Apple Steve Jobs, che ha convissuto con la malattia per ben otto anni.

Anche Fedez sta vivendo un dramma analogo per un tumore neuroendocrino pancreatico. Ma per lui la diagnosi è stata precoce e l'intervento ha avuto esito positivo. La sua patologia lo ha però avvicinato al calvario di Vialli con il quale, nonostante non si fossero mai incontrati ha condiviso le paure, i timori e i dolori.

Ci sono diverse forme tumorali che aggrediscono l'organo. La forma più comune e cattiva è l'adenocarcinoma che si riconosce spesso troppo tardi quando il tumore è in fase avanzata e ha generato metastasi. Su questa patologia la scienza non ha ancora fatto passi da gigante.

Ma una speranza arriva dalle Molinette di Torino dove, con i fondi del Pnrr, il gruppo di ricerca di Francesco Novelli, professore di patologia generale, sta mettendo a punto un vaccino 2.0 a Dna per la cura del tumore al pancreas che potrebbe bloccare la progressione del tumore e scatenare una risposta immunitaria anti-cancro.

E quei 950 milioni di euro potrebbero generare la svolta. Il finanziamento, infatti, metterà gli scienziati in condizione di completare un percorso di ricerca e ottenere l'autorizzazione ministeriale per lo studio clinico del vaccino.

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