Draghi pronto a commissariare l'Italia

Il governatore della Bce non fa sconti al governo: "È ora che i Paesi cedano sovranità all'Europa sulle riforme strutturali"

Draghi pronto a commissariare l'Italia

Da quando è diventato presidente della Bce, Mario Draghi ha definitivamente rottamato quella diplomazia del silenzio di cui era maestro indiscusso in Bankitalia. Ora parla. Chiaro. Senza perifrasi. Dritto all'obiettivo. È ora che i Paesi dell'Eurozona «cedano sovranità all'Europa» sul tema delle riforme strutturali, dice secco durante la conferenza stampa di ieri, convocata dopo la riunione del board che ha mantenuto i tassi fermi allo 0,15%. Par di sentire la versione reloaded dell'intemerata di un paio di anni fa di Wolfgang Schaeuble, ministro tedesco delle Finanze, nonché falco difensore dell'ortodossia rigorista.

Draghi riprende quelle parole acuminate e le punta verso di noi. Parla all'Italia di nuovo nella palude della recessione, al Paese ancora preda di antichi vizi, primo fra tutti l'elogio della lentezza. «Uno dei componenti del basso Pil italiano - spiega a proposito il numero uno dell'Eurotower - è proprio il basso livello degli investimenti privati», a loro volta frenati «dall'assenza di riforme strutturali sui mercati dei prodotti, burocratico, del lavoro e a livello giuridico». Riforme, ecco il punto. Fonti di Palazzo Chigi assicurano che Matteo Renzi ha apprezzato il messaggio arrivato da Francoforte; in realtà, non è da escludere che il premier abbia sentito qualche brivido correre lungo la schiena. Perché Draghi, in sostanza, ha fatto suonare la campanella dell'ultimo giro: o l'Italia viene cambiata in fretta, oppure ci penserà qualcun altro a farlo. L'Europarlamento? La Commissione Ue? Molto, molto improbabile. Quando il gioco si fa duro, entrano in campo i duri della troika, di cui la stessa Bce fa parte con Ue e Fmi. Saremmo commissariati, inutile girarci intorno. Del resto, è proprio quanto auspicava qualche giorno fa Eugenio Scalfari dalle colonne di Repubblica .

Il solco, peraltro, è già stato tracciato con l'accettazione della perdita di sovranità sui bilanci nazionali. Quello è stato un punto di non ritorno. E Draghi, più volte accusato di aiutare l'Italia attraverso un'accorta calibrazione della politica monetaria, stavolta sembra aver perso la pazienza con il proprio Paese. Ricorda che differire è un gioco a perdere: «Molti pensano che ci voglia molto tempo per registrare gli effetti delle riforme. Non è così. I Paesi che le hanno fatte hanno registrato dei miglioramenti e l'occupazione è aumentata». Mette il dito sulla piaga della nostra tassazione estrema, «da abbassare», sulla burocrazia kafkiana che «scoraggia gli investimenti» e per cui ti chiedi come può un giovane disoccupato aprire un'attività «se poi deve aspettare sei mesi. Se uno non può aprire un negozio non serve a nulla dargli più credito».

La Borsa accusa il colpo (-1,94%), lo spread (sopra i 180 punti) pure.

È quindi verosimile che Draghi si stia domandando quale effetto avranno sulla ripresa italiana i nuovi fondi che la Bce, da settembre, erogherà alle banche per aiutare le imprese. Forse, soldi inutili.

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