Questa potrebbe essere la volta buona. Alla soglia dei 91 anni Bernando Caprotti, fondatore e Esselunga, potrebbe decidere di vendere. Ieri sera infatti, il cda di Supermarkets Italiani, holding di controllo di Esselunga controllata integralmente dall'imprenditore, ha dato mandato a Citi di esaminare le due manifestazioni di interesse arrivate sul tavolo da Cvc e Blackstone. Per ora non c'è alcun mandato a vendere, almeno questo è quanto si sostiene da fonti vicine al dossier che negano che vi sia, almeno per ora una volontà di cedere le redini del gruppo.
È la prima volta che Esselunga si avvale di un consulente finanziario nonostante anche in passato, sia sempre stata una preda ambita tanto che, già nel 2004, si era mosso perfino Wal Mart, il gigante della distribuzione a stelle e strisce a cui tuttavia, all'epoca, la proposta era stata rispedita al mittente. Da oggi, pur non essendo ufficialmente in vendita, chiunque voglia provare a conquistare Esselunga ha un indirizzo a cui rivolgersi: quello di Citi.
Esselunga conta su 152 punti vendita, e altrettante proprietà immobiliari (valutate sul mercato miliardi) e vanta numeri di bilancio da blue chip. Il gruppo infatti ha chiuso il 2015 con un giro d'affari di 7,3 miliardi di fatturato registrati nel 2015, in crescita del 4,3% rispetto al 2014, un margine operativo lordo di 625 milioni (+20%) e un utile netto di 290 milioni (+37%). Numeri tali che, per il gioiello di Caprotti, si parla di una valutazione da capogiro: 6 miliardi, pari a circa 10 volte il margine operativo lordo, ben al di sopra dei livelli della francese Carrefour che, in Borsa vale 7 volte il margine operativo lordo.
In pole position per la catena di supermercati tricolore ci sono quindi i due fondi di private equity Blackstone e Cvc. Ma la lista potrebbe quanto prima allungarsi. Il mercato attende le mosse di Wal Mart, dei francesi Mercandona e di Carrefour e dell'inglese Tesco che, da soli o in cordata, potrebbero ambire alla mano di Esselunga per rafforzarsi o sbarcare sul mercato italiano. Esselunga porta infatti in dote una redditività particolarmente attraente per il settore, una distribuzione geografica concentrata nel redditizio Centro-Nord Italia e un marchio che, da sessant'anni è sinonimo di grande distribuzione. Le ipotesi sul tavolo sono numerose: dalla cessione in blocco, a una valorizzazione a parte degli immobili e non manca chi si spinge a delineare, una volta subentrati i fondi al comando, una futura quotazione di Esselunga.
Nel frattempo è arrivata anche la benedizione politica a una eventuale futura cessione di Esselunga a investitori stranieri. «Penso anche che sia importante avere un imprenditore che faccia bene il suo mestiere come l'ha fatto Caprotti finora», ha dichiarato ieri ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.
Una eventuale cessione del gruppo risolverebbe il nodo della
successione del gruppo guidato da Carlo Salza dopo che l'imprenditore, nel 2013, ha deciso di lasciare le cariche operative. I rapporti tra Caprotti e i figli, estranei alla gestione operativa, sono stati a lungo difficili.
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