E contro Di Battista partono le "veline"

I fedelissimi del vicepremier attaccano: "Sfrutta M5s per i soldi"

E contro Di Battista partono le "veline"

Osservati il tempismo e le modalità, sembra una campagna promozionale al contrario per l'uscita dell'ultimo di Alessandro Di Battista. Approdato nelle librerie il «pamphlet», così lo chiama Dibba, dal titolo «Politicamente scorretto», si è scatenata la ridda dei veleni interni al M5s. Non si sa fino a che punto il tutto sia stato orchestrato ad arte, ma fatto sta che Luigi Di Maio, raccontano, appena letto il testo si sia infuriato. Pur mantenendo pubblicamente l'aplomb del caso, almeno fino allo sfogo affidato domenica a Facebook. In particolare, a far saltare sulla sedia il capo politico è stato il passo sul Movimento di «burocrati rinchiusi 18 ore al giorno nei ministeri». Sabato, durante il primo incontro territoriale dei 5 Stelle con attivisti ed eletti locali a Terni, il vicepremier, al riparo da microfoni e telecamere, ha messo di nuovo l'accento sul passaggio incriminato del libro di Di Battista.

E prima ancora, Di Maio aveva fatto recapitare al rivale attraverso un retroscena un'altra frase che ha contribuito al deterioramento definitivo del rapporto tra i due: «È il nostro D'Alema». Paragone che, a sua volta, ha fatto sobbalzare Di Battista. Dello stesso tono il fiorire di virgolettati anonimi usciti a più riprese in questi giorni: «O sta dentro o sta fuori», è una delle tante minacce giunte all'ex deputato a mezzo delle pagine dei giornali. Così come le altre reazioni off di Di Maio che ha fatto sapere di «essere in giro per il territorio ad ascoltare elettori e attivisti», proprio a voler rispondere alla critica principale mossa da Di Battista nel libro. Ovvero lo scollamento del M5s con la «base» e la trasformazione in un Movimento di funzionari ministeriali arroccati nel Palazzo. E ciò che più sta facendo paura al capo politico sono le accuse che, tramite il Blog delle Stelle e i social network, gli stanno piovendo addosso da parte di militanti e simpatizzanti. Dimostrazione per molti, nello staff del vicepremier, che le invettive di Dibba stanno cogliendo nel segno.

In un'escalation di veleni e sospetti, la palla delle accuse anonime è passata ai parlamentari, ancora in stragrande maggioranza fedeli al capo politico. Di Maio domenica ha dato la stura con il post su Facebook e il giorno dopo sono piombati sulle scrivanie dei giornali alcuni lanci d'agenzia in cui si raccoglievano confidenze di deputati e senatori infastiditi. Prima c'era stato l'attacco di chi ha detto «sfrutta il M5s per fare soldi». Poi è stata rincarata la dose nella chat dei parlamentari: «Alla Camera non vogliono più sentire parlare di lui», «Non vogliamo più vederlo dentro questo Palazzo». E ancora: «Sta facendo tutto questo per sé, per il suo libro e per fare le scarpe a Di Maio». Tutti dalla parte dell'attuale leader insomma. Anche perché, riflettono i parlamentari, «Di Maio è stato confermato come capo politico». Il che sta a significare che la scalata di Dibba al vertice del M5s è resa, secondo molti di loro, complicata da quest'ultimo fattore.

Ma la vera novità è un'altra. E sta nell'ammissione esplicita, all'interno del mutevole ventre dei gruppi di Camera e Senato, che la mira di Di Battista è quella di correre da premier e leader de facto dei grillini. La guerra è appena iniziata.

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