I prelievi sulle pensioni più elevate sono stati disposti già in passato, peraltro a fronte di una contingenza economica di crisi che contribuiva a giustificarne l'adozione, e sono stati sottoposti per questa via varie volte al vaglio di legittimità costituzionale.
La Corte ha avuto modo di definire, anche in anni del tutto recenti, la sua giurisprudenza sul punto sintetizzandola così: «in definitiva, il contributo di solidarietà, per superare lo scrutinio stretto di costituzionalità, e palesarsi dunque come misura improntata effettivamente alla solidarietà previdenziale (articoli 2 e 38 della Costituzione), deve: operare all'interno del complessivo sistema della previdenza; essere imposto dalla crisi contingente e grave del predetto sistema; incidere sulle pensioni più elevate (in rapporto alle pensioni minime); presentarsi come prelievo sostenibile; rispettare il principio di proporzionalità; essere comunque utilizzato come misura una tantum» (Sentenza 173/2016).
Questi limiti sono, peraltro, espressione di basilari principi di equità, di ragionevolezza, di proporzionalità e di rispetto del patto sociale alla base del sistema pensionistico oltre che di certezza del diritto per come interpretata anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Ove si tengano presenti questi paletti, lo spazio per interventi sulle pensioni più elevate, ulteriori e pesanti come quelli più volte preannunciati dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Di Maio, appare pressoché inesistente.
Evidentemente consapevoli della difficoltà del quadro giuridico e pur desiderosi di dar seguito agli improvvidi annunci già diffusi in materia, i capigruppo del Movimento 5 Stelle e della Lega alla Camera hanno presentato un disegno di legge recante «disposizioni per favorire l'equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il modello contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.000 euro mensili» (AC 1071).
Appare chiaro fin dalla lettura del titolo come il disegno di legge miri a presentare la misura come una riduzione del trattamento di quiescenza conseguente a una modifica normativa del sistema pensionistico, cioè come una modifica sì retroattiva ma generale, astratta, rispettosa dei principi costituzionali. Non si tratterebbe, in altre parole, di un contributo di solidarietà (del quale non sussisterebbero i requisiti, trattandosi a tacer d'altro - di misura permanente e non una tantum, con conseguente palese incostituzionalità) ma appunto di una modifica del sistema di calcolo passandosi dal retributivo al contributivo.
Una modifica del criterio di calcolo peraltro già ipotizzata in passato dal presidente dell'Inps, Tito Boeri - per rimanere nei limiti di costituzionalità dovrebbe però applicarsi in modo eguale e proporzionale a tutti i trattamenti pensionistici, a prescindere dall'importo, sotto e sopra la soglia dei 4.000 euro netti indicata dal progetto di legge, dovrebbe applicarsi a tutta la previdenza obbligatoria comprese le casse dei professionisti (giornalisti, avvocati, ingegneri, ecc.).
Ove così non fosse, ove cioè il ricalcolo fosse limitato a una categoria di pensionati (in ipotesi quelli che percepiscono una pensione superiore a 4.000 euro netti mensili, come si evince già dal titolo del progetto di legge) non si tratterebbe più di una modifica generale del sistema di calcolo pensionistico, ma nella sostanza di un prelievo di natura fiscale per una sola categoria di contribuenti, con conseguente, palese, incostituzionalità della misura per la macroscopica violazione del principio di uguaglianza, sia rispetto agli altri percettori di pensione non incisi dal taglio, sia rispetto agli altri percettori di redditi (da lavoro dipendente o autonomo, da capitale, da rendita immobiliare, di impresa) superiori alla stessa soglia dei 4mila euro mensili e parimenti non colpiti dalla falcidie. Il ricalcolo, in due parole, non può essere limitato alle pensioni più alte, pena l'incostituzionalità. Ci sarebbe, poi, da approfondire circa la lesività di una misura di ricalcolo che operi in via retroattiva circa le aspettative maturate in ordine al trattamento pensionistico da lavoratori che hanno versato i contributi nel vigore del sistema retributivo e non in via discrezionale, bensì nella misura che imponeva loro il sistema all'epoca vigente, ma queste sono finezze, rispetto alla macroscopica incostituzionalità che si prospetta.
P.S. Il testo dell'AC 1071 non è stato ancora pubblicato sul sito delle Camera. Il contributo di solidarietà fu istituito per la prima volta dal governo Berlusconi nel 2011 e confermato dall'esecutivo Monti all'interno della riforma Fornero.
La Consulta lo dichiarò incostituzionale con la Sentenza 116/2013. Il governo Letta con la legge di Stabilità 2014 istituì un altro prelievo sulle pensioni elevate. La norma fu «salvata» dalla Consulta perché destinata a finanziare le salvaguardie per gli esodati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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