"Ecco perché verrà in Bosnia, frontiera d'Europa"

L'arcivescovo di Sarajevo: "Villaggi agli islamisti da 20 anni, l'Ue ha finto di non vedere". Sostieni il reportage

"Ecco perché verrà in Bosnia, frontiera d'Europa"

SarajevoIl cardinale Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo, parla in italiano assicurando che l'ha «imparato ascoltando la radio». Il 6 giugno accoglierà Papa Francesco in Bosnia-Erzegovina. Il Santo Padre ha scelto Sarajevo come «terra di frontiera». Il cardinale non lo dice espressamente, ma la scelta è dettata anche per dimostrare che in Bosnia non c'è spazio per l'estremismo islamico, nonostante il Califfato stia prendendo piede nel cuore dei Balcani, ad un passo dall'Italia.

Qual è il vero significato della visita del Papa a Sarajevo in giugno?

«Francesco è il Papa dei poveri e dei dimenticati, di chi come noi vive in una terra di frontiera. La Bosnia-Erzegovina dopo gli accordi di Dayton non ha ancora raggiunto una pace stabile e giusta. Questo Stato non funziona. Papa Francesco vuole portare a Sarajevo un messaggio di pace, ecumenico e viene per non dimenticare noi cattolici, che siamo una minoranza».

Quanti sono i cattolici in Bosnia?

«Prima della guerra eravamo 820mila. Oggi secondo le nostre stime siamo 430mila, praticamente la metà».

Vi sentite dimenticati?

«Ci sentiamo dimenticati da parte dell'Europa e vi spiego il perché. Prima di tutto negli investimenti europei del dopoguerra per il ritorno dei profughi e la ricostruzione delle case ben poco è arrivato ai cattolici. Perché l'Europa non vuole appoggiare i nostri progetti? Il secondo punto è che non c'è un'uguaglianza di diritti. Mi hanno risposto, ma nessuno vi sta sparando addosso. Anche se non tuonano le armi bisogna garantire ai cattolici gli stessi diritti degli altri, dall'istruzione al lavoro».

Sta dicendo che i cattolici in Bosnia sono discriminati come in Iraq?

«Ci sentiamo un po' discriminati. E poi per l'attentato di Parigi tutti i grandi si sono mobilitati, ma si fa molto meno per i massacri dei cristiani in Nigeria, in Pakistan o le vessazioni in India. L'Europa non grida, non alza la voce più di tanto se ci sono di mezzo i cristiani».

L'Europa si occupa dei diritti di tutti, dai gay a quelli dei musulmani, ma un po' meno dei valori cristiani. Cosa ne pensa?

«L'Europa ha paura dei musulmani e vuole sempre garantire i loro diritti. Lo stesso discorso vale per altre minoranze non solo religiose, ma dimentica la base, il fondamento, le sue radici e cultura cristiane».

Molti bosniaci sono partiti per aderire al Califfato nella guerra in Siria e Iraq…

«Il leader della comunità musulmana in Bosnia ha detto molto chiaramente che bisogna togliere la cittadinanza a chi va a combattere in Siria e da altre parti. Sono perfettamente d'accordo».

Preti o chiese cattoliche sono stati minacciati dagli estremisti islamici?

«Contro persone fisiche i casi sono rari. Ci sono stati attacchi nei confronti dei simboli come le chiese oppure i cimiteri».

A Gornja Maoca, un villaggio bosniaco in mano ai salafiti, sono spuntate le prime bandiere nere più vicine all'Italia rispetto alla Libia. È un pericolo concreto?

«Questa situazione deriva da un errore della comunità internazionale. Io avevo sollevato il problema fin dai tempi della guerra.

A Gornja Maoca la legge dello Stato non ha valore. L'estremismo importato in Bosnia non esiste da oggi o da ieri, ma da 20 anni. Gli europei e anche gli americani avevano chiuso gli occhi. Solo adesso si svegliano e gridano: “È arrivato il terrorismo”».

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