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Ennesimo guaio di Angelino. E lui grida al complotto

Il ministro nell'inchiesta per il fratello "fatto assumere alle Poste" si difende. "Scarti usati solo per colpirmi"

Ennesimo guaio di Angelino. E lui grida al complotto

Frattaglie, minuzie, rimasugli. «Scarti d'inchiesta usati politicamente per colpirmi». Angelino Alfano si difende con un misto di rabbia e sorpresa. Ma quali scambi di favori, ma quale «cricca delle nomine», sostiene, qui per attaccarmi sono andati a riciclare nei cestini della spazzatura, a frugare nella mondezza. «Le intercettazioni non riguardano me, bensì terze e quarte persone che parlano di me. Persone, peraltro, che non vedo e non sento da anni». Insomma, «un complotto».

No, non è davvero un bel momento per il ministro dell'Interno. Non bastavano i sussulti sismici del suo partito, la rivolta silenziosa dei senatori di Ncd contro la sua gestione, gli strappi di chi chiede di far cadere il governo. Ora ci si mette anche l'inchiesta della procura di Roma, che indaga su corruzione e riciclaggio, e l'indagato che tira il ballo suo fratello: «L'ho fatto assumere alle Poste».

Alfano è davvero infuriato. «Siamo di fronte - spiega - al ri-uso politico degli scarti di un'inchiesta giudiziaria. Ciò che i magistrati hanno studiato, ritenendolo non idoneo a coinvolgermi in alcun modo, viene riciclato per fini esclusivamente politici». Solo fuffa, quindi. «Io - aggiunge - rimango fermo a quanto valutato da chi l'inchiesta l'ha studiata e portata avanti e ha ritenuto di non coinvolgermi. Il resto appartiene al lungo capitolo dell'uso mediatico delle intercettazioni. Ma questo è un discorso ben noto a tutti, che si trascina da anni, diventando ormai una vera e propria telenovela legislativa».

Dunque, come scrive Dagospia, «anche i senza quid nel loro piccolo s'incazzano». Stavolta la «formica» Angelino non ci sta, non vuole farsi schiacciare o spazzare via dal ddt giudiziario. E mentre si aspetta di vedere se la cosa finirà qui o se invece spunteranno altre carte, lo stato maggiore del Nuovo centrodestra cerca di capire chi c'è alle spalle del «complotto».

E qualcuno degli alfaniani sospetta che dietro ci sia proprio Matteo Renzi. Nessuno lo dice, tanto meno lo dichiara ufficialmente, ma sono diversi a interpretare il siluro partito contro il ministro dell'Interno come un messaggio del premier ai turbolenti alleati che minacciano di scappare tra le braccia del Cavaliere. La scorsa settimana Alfano aveva ventilato una crisi dopo il referendum se Renzi non avesse cambiato l'Italicum. Qualche giorno dopo Roberto Formigoni ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera proponendo di uscire dal governo e di passare all'appoggio esterno. Lunedì Maurizio Sacconi ha scritto una lettera aperta chiedendo di aprire una mediazione con Berlusconi per far nascere un polo moderato tipo Milano. Ieri sera era in programma un incontro tra il segretario e i senatori che si annunciava infuocato. Saltato.

«Erano le ore in cui tornavano gli italiani uccisi a Dacca - dice Schifani - Una scelta di rispetto».

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