"Equitalia ci perseguita da otto anni Per loro il nostro bimbo è un evasore"

Parla la mamma del piccolo "moroso" vittima di un errore paradossale. Dopo il clamore mediatico la società assicura: "Tutto risolto"

"Equitalia ci perseguita da otto anni Per loro il nostro bimbo è un evasore"

Quando si dice la combinazione. Proprio oggi che su stampa e tv è rimbalzata la storia del «bimbo perseguitato dal fisco», Equitalia fa sapere che il «problema è risolto». «Magari fosse vero - si sfoga col Giornale , Amalia Iudicone, 41 anni, mamma del piccolo, ingiustamente accusato di essere un “furbetto” erariale - È da 8 atti che va avanti questa storia. Non ne possiamo davvero più».

A far esplodere il caso è stato ieri Il Secolo XIX con un articolo in prima pagina che ha ripercorso l'odissea del baby «moroso» di Alessandria, 10 anni, 8 dei quali trascorsi nel tentativo di liberarsi dalla marcatura asfissiante di una cartella esattoriale, implacabile quanto Gentile con Maradona al Mundial '82.

L'accusa contro mio figlio? «Non aver pagato le tasse di registrazione dopo l'acquisto, con contratto, di un telefono cellulare. Acquisto mai avvenuto. A Equitalia avremmo dovuto corrispondere 166 euro». Somma che ora, finalmente, mamma Amalia non dovrà più pagare. Ma, fino a ieri, la signora continuava a rigirarsi tra le mani le ingiunzioni di pagamento che puntualmente le arrivavano a casa. «Una situazione assurda, forse frutto di un caso (purtroppo mai accertato) di omonimia - raccontano i genitori del bimbo - Temevamo infatti che a lungo andare questa storia potesse macchiare la fedina penale di nostro figlio, col rischio che al compimento dei 18 anni il suo nome venisse inserito nell'elenco dei debitori inadempienti». Va bene che i ragazzini di oggi sono tecnologicamente evoluti, ma un bimbo di 2 anni «acquirente» di un telefonino non è proponibile. E invece, per 8 anni, almeno a giudizio di Equitalia e Agenzia delle entrate, la circostanza è risultata realmente credibile. «Mio figlio - ha raccontato la donna - ora ha 10 anni, frequenta la quinta elementare ma da quando andava all'asilo è perseguitato da Equitalia. Non sa ancora cosa sono le tasse e non capisce perché a casa nostra una mattina, mentre giocava con me, è entrato un ufficiale giudiziario che ha chiesto di vederlo. Ha soltanto capito che da 8 anni qualcuno crede che lui abbia acquistato un telefonino. Ogni tanto mi chiede: “Mamma, ma davvero io ho comprato un cellulare?”». E poi: «All'inizio sembrava soltanto un disguido, risolvibile con una manciata di carte bollate e tante scuse, ma poi è diventato un incubo. Nel 2007 il bimbo aveva 2 anni e secondo Equitalia era già moroso verso la società di telefonia mobile H3G per una serie di fatture mai pagate». Tutto scritto nero su bianco sulla denuncia che la mamma del bimbo presenta ai carabinieri di Alessandria a giugno del 2010. In pratica il bambino era accusato di aver acquistato con contratto un telefono cellulare e di non aver mai pagato le tasse di registrazione del canone con relativi interessi. Oggi la cifra reclamata dal fisco è esattamente di 166,59 euro (l'equivalente di tre fatture contestate). Dopo l'arrivo dell'ufficiale giudiziario, i genitori del bimbo provano a contattare la H3G (la società telefonica che reclama il credito): «Anche per loro si tratta di un caso di omonimia. Quel cellulare potrebbe averlo comprato, cioè, un signore che sta a Casale Monferrato». Ma il giallo non viene risolto.

Intanto la signora Amalia si perde ancora di più nel labirinto della burocrazia. Da un ufficio all'altro. E poi di nuovo in caserma a presentare denuncia per furto di identità. Intanto a casa si rivede l'ufficiale giudiziario. Vede il bambino e assicura che avrebbe fatto rapporto per «chiarire tutto».

Ma quest'anno Equitalia rispedisce l'ennesimo avviso, tutt'altro che «bonario». Ieri la fortunata «coincidenza». Con Equitalia che precisa: «La situazione è stata risolta. E anche da tempo».

Alla fine vuoi vedere che, per 8 anni, l'unica a non averlo capito è stata la signora Amalia Iudicone?

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